Maroni: sì al referendum
Il successo della raccolta di firme sul referendum sulla legge elettorale, spiazza le forze politiche di maggioranza e opposizione che, ora, vanno in ordine sparso. E anche dopo l'appello del Capo dello Stato a riformare le regole del voto per ripristinare il rapporto diretto tra eletto ed elettore, su quella che veniva generalmente riconosciuta una doverosa correzione da apportare alla legge elettorale, si apre una nuova spaccatura. Con divisioni anche all'interno del Pdl. Mentre nella Lega, il ministro Roberto Maroni dice sì al referendum: «è un segnale forte che va ascoltato. Credo che si debba procedere» con la consultazione dice. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ribadisce che è «giusto consentire di esprimere una preferenza» a patto, però, di garantire la possibilità «di indicare il presidente del Consiglio». Una linea da cui non si vuole allontanare il Cavaliere, fortemente deciso a preservare un sistema bipolare e che per questo temporeggia. «Il Pdl vince con ogni sistema elettorale» si schernisce tuttavia il segretario che prende a metafora le lumache «che vanno sull'asciutto e sul bagnato». Ma sul nodo delle preferenze, le posizioni del partito sono tutt'altro che univoche. «Esistono sistemi che consentono di avvicinare i cittadini elettori senza ritornare alle preferenze che fu una delle cause della crisi della prima Repubblica perché costringono i candidati a ricercare risorse molto rilevanti» frena Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera che invece sposa l'approccio della Lega che collega la riforma della legge elettorale a quella costituzionale. Infatti se da una parte il ministro delle Riforme, Roberto Caleroli spiega che la legge elettorale potrebbe essere cambiata nella primavera del 2012, solo dopo la prima lettura in Parlamento della riforma costituzionale federalista, dall'altra il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliarello concorda e il ministro Altero Matteoli chiarisce: «Il dibattito dovrebbe essere fatto prima di tutto all'interno del partito con i dovuti approfondimenti e mettendo a confronto le varie posizioni. Per quanto mi riguarda sono contrario alle preferenze». Peppino Calderisi individua addirittura sette buoni motivi per evitarle: primi tra tutti quello della trasparenza e dei costi. Anche nell'opposizione, tuttavia, lo scossone inferto dai referendari lascia il segno. Arturo Parisi, coordinatore del comitato, è tagliente con il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha chiesto un cenno di ringraziamento per il contributo dato alla raccolta delle firme. «Bersani ha messo la sua firma? Prodi lo ha fatto» sottolinea Parisi che apprezza invece le parole «oneste» di Maroni. Anche Rosy Bindi apprezza il ministro leghista: «Maroni fa bene a prendere sul serio il referendum. Ma il Ministro - avverte - deve essere capace di controllare i suoi amici della maggioranza, perché‚ non siano tentati di sciogliere le Camere». Nel Terzo Polo è invece, il leader di Fli, Gianfranco Fini a lanciare l'allarme: qualcuno cercherà la scappatoia del voto, «meglio invece fare una nuova legge elettorale in Parlamento che sia la più condivisa possibile e con una maggioranza ampia». Frase che insospettisce il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro: il successo dei referendari, dice, non verrà «stravolto da una legge elettorale truffa dell'ultima ora».