La carica di Alfano al Pdl
Angelino Alfano piace agli elettori del Pdl. Sa parlare alla «pancia» un po' come fino a oggi nel centrodestra è stato capace di fare solo Berlusconi, ha i tempi giusti per convincere la platea. E ieri lo ha dimostrato intervenendo all'assemblea degli eletti del Pdl in Lombardia a Pero, vicino a Milano. Riuscendo, dopo ben tre ore di dibattito aperto dal presidente della Regione Roberto Formigoni, ad «agganciare» ancora l'attenzione dei militanti. E rassicurandoli: «Siamo qui per vincere ancora». Un intervento che ha toccato i punti più caldi del partito, dalla successione a Berlusconi alle guerre interne fino alla legge elettorale – «siamo per il bipolarismo e per la possibilità di scegliere i parlamentari» – e alla necessità di candidare persone «perbene». Un tasto, quello della moralità, sul quale il segretario del Pdl ha promesso di insistere fin dall'inizio del suo mandato. «Se una persona è onesta lo si sa – spiega – e un partito che funziona serve anche a sapere chi non va candidato. Serve a non mettere nelle liste chi ha una macchina che non potrebbe permettersi». Un partito nuovo, nel quale però anche il linguaggio usato ha un suo peso. «Chi voterà alle amministrative nel 2012 saranno i bambini nati nel 1994, l'anno della discesa in campo di Berlusconi – è la riflessione che fa alla platea – Abbiamo il dovere di usare parole chiare per un nuovo inizio, parole aggiornate. A quei bambini dobbiamo spiegare che loro rischiano di vivere peggio dei loro padri». Poi, in vista della stagione congressuale in tutta Italia il segretario lancia lo slogan per il futuro: «Questo è un partito che funziona senza padroni e contro i padrini». Un riferimento ai «padroni delle tessere» che nei vecchi partiti facevano incetta di diritti di voto ai congressi senza curarsi che ci fossero dietro militanti reali. «Diciamo no – prosegue Alfano – ai voti per delega, se uno ci crede va lì e vota di persona». Quanto ai padrini, riferendosi in particolare alle polemiche sulle infiltrazioni mafiose in Lombardia, Alfano è tornato a indossare il suo vecchio «vestito» di ministro della Giustizia: «Ai mafiosi di esportazione dico che ogni tessera sarà usata contro di loro» per inasprire il carcere duro e vincere la guerra contro la criminalità organizzata. Applausi scroscianti quando Alfano difende Berlusconi e attacca la sinistra, suggerendo ai partecipanti di ricordare che gli altri c'erano da prima della caduta del Muro di Berlino e stavano «dalla parte sbagliata». Poi cita il sindaco Pd Matteo Renzi dicendo che nel Partito democratico americano si alternano sul palco tanti presidenti, da Obama a Clinton a Kennedy, con sempre lo stesso nome di partito, mentre in Italia cambia il nome del partito ma ci sono sempre gli stessi. E dunque «mica sono io che mi accanisco – sorride Alfano – Sono loro che non se ne vanno». Non può evitare, il segretario, di parlare però delle divisioni interne del partito. Ma lo fa rassicurando il popolo del Pdl che si tratta solo di chiacchiere, perché non ci sarà «nessuna diaspora» nel Pdl dopo Berlusconi: «C'è un attacco concentrico che punta al dopo Berlusconi e immagina una diaspora in cui ciascuno cercherà di salvarsi. La nostra presenza prova il contrario». Infine un appello: «Ritengo Berlusconi un uomo molto generoso. Difficilmente qualcuno di noi lo ha aiutato negli ultimi sedici anni. È sempre successo il contrario. Oggi è arrivato il momento che siamo noi ad aiutare Berlusconi. E chi non è d'accordo lo dica chiaramente». «Questa è etica, non politica – conclude – Il nostro leader è sotto attacco e noi dobbiamo dire: intanto noi lo difendiamo».