Bankitalia, la nomina e lo scontro di potere
Ogni giorno è più difficile la vita del governo e del Paese. Tra le tante complicazioni affrontate dalla maggioranza in ordine sparso, c'è anche la nomina del nuovo governatore della banca d'Italia. I due contendenti, in verità entrambi composti e silenziosi, sono Fabrizio Saccomanni e Vittorio Grilli. Due professionalità alte ancorché diverse. Grilli è direttore generale del Tesoro e braccio destro di Tremonti ed è apprezzato sul piano europeo avendo guidato più volte gli "sherpa" dell'Ecofin. Conosce i tanti dossier aperti tra i vari governi europei ed arriva alla direzione generale dopo essere stato managing director al Credit Suisse di Londra e prima ancora al dipartimento del Tesoro a capo del gruppo dei privatizzatori. Fabrizio Saccomanni, attuale direttore generale della banca d'Italia, è, al contrario di Grilli, uomo che è stato sempre nel pubblico. In Italia (Bankitalia) e sul piano internazionale (Fondo monetario internazionale). È nato in banca d'Italia e dopo un periodo in organismi internazionali, è ritornato a via Nazionale. Se questi, sinteticamente, sono i rispettivi profili, non c'è dubbio che la scelta debba cadere su Saccomanni. Non solo la tradizione ma anche la saggezza consiglia che eventuali ingressi dall'esterno in banca d'Italia arrivino in posizioni diverse e inferiori a quella di governatore. Una cosa, infatti, è fare il banchiere centrale altra cosa è fare il banchiere d'affari (Credit Suisse) o il direttore generale del Tesoro che tratta di dossier governativi, di privatizzazioni e di gestione del debito pubblico. Perché, allora, dinnanzi ad una scelta così naturale si è innescato uno scontro formidabile e senza esclusione di colpi? Per ragioni di puro potere, di un potere, cioè, di basso profilo e di tipo personale. L'artefice di questo scontro, manco a dirlo, è stato Giulio Tremonti che ritiene di piazzare in banca d'Italia un suo uomo per avere voce anche nel consiglio della BCE dove risiede in permanenza nel consiglio della banca centrale guidata dal suo grande nemico Mario Draghi. E, tanto per non cambiare, Tremonti è sostenuto dal ministro Bossi che non sapendo cosa dire perché nulla sa della banca d'Italia dice di preferire Vittorio Grilli perché è milanese offendendo, così, sia Grilli sia la Banca d'Italia sia la cultura milanese. Ma ormai la vita politica italiana si snocciola tra insulti avvinazzati e battute da osteria nel mentre il Paese balla sul ciglio del burrone. In questa vicenda si sono susseguiti errori di molti. Il primo, naturalmente, è quello di Tremonti che si muove in una logica di puro potere personale senza tenere in alcun conto la vita delle nostre istituzioni. Non a caso, infatti, togliere Grilli dal Tesoro non solo darebbe a Palazzo Koch un governatore che nulla sa di banca centrale ma sguarnirebbe anche il Tesoro di una professionalità apprezzata sul piano internazionale in uno dei momenti più difficili per l'Europa. Il secondo errore è stato quello di Berlusconi che non doveva discutere con nessuno degli alleati l'indicazione del nome del nuovo governatore. Così è stato sempre e così deve essere anche oggi sapendo che a capo di una grande istituzione finanziaria non può essere messo chi di quella istituzione poco o nulla sa. L'errore di Bossi lo abbiamo ricordato ma anche le consultazioni di Mario Draghi sono state un errore essendo Draghi il nuovo presidente della BCE nel cui consiglio siederà il nuovo governatore della banca d'Italia che non può che essere scelto, in piena solitudine, dal presidente del consiglio e dal presidente della Repubblica dopo aver acquisito il parere del consiglio generale della banca d'Italia. Il tempo è ormai scaduto vista la stagione che attraversiamo e i problemi economici e finanziari che dobbiamo affrontare e non possiamo attendere oltre la nomina del nuovo governatore. Berlusconi deve essere consapevole che se Bossi dovesse fare la crisi di governo su una sua indicazione sarebbe segno che l'alleanza non c'è più e dovrebbe prenderne atto. Prima della coalizione di governo, infatti, c'è il Paese e il suo interesse che, per le cose dette, passa per la nomina di Fabrizio Saccomanni alla guida della banca d'Italia.