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Se Bossi tace nella Lega ognuno va per conto suo

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Ese il "Capo" tace, l'immediata retrovia si sente legittimata ad arroccarsi sulle proprie posizioni. Da una parte il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, dall'altra il collega della Semplificazione, Roberto Calderoli. Nel mezzo il Porcellum e la valanga di firme che i referendari hanno raccolto per la sua modifica. Due leghisti, due modi differenti di affrontare il problema. Maroni ha voluto indossare i panni dell'uomo delle Istituzioni annunciando «che si deve procedere» con il voto. Calderoli invece ha deciso di guardare più agli interessi della maggioranza e del governo proponendo di cambiare la «legge elettorale porcata» con un dibattito in Parlamento. E così, mentre Calderoli è costretto a subire le provocazioni del leader dei Verdi, Angelo Bonelli («La legislatura costituente di cui parla Calderoli è solo un diversivo»), quelle del democratico Davide Zoggia («Calderoli che oggi si rimangia il suo Porcellum è un'immagine patetica») e quelle del dipietrista Leoluca Orlando («Il promotore della vergognosa legge elettorale rinnega la sua creatura»), Maroni si gode gli applausi. Un divario sempre più netto tra i due tanto che anche il bellissimo "quadretto" nel quale i "Roberto" si abbracciavano sul palco di Venezia è ormai visto dai più solo come uno sforzo per salvare le apparenze. L'unico che, forse, può ancora tenere a freno le mire leaderistiche di Maroni è il Senatùr. La prova del nove è stata il voto per salvare sia il deputato del Pdl Marco Milanese che quello sul ministro dell'Agricoltura Saverio Romano. L'ordine di Bossi era stato categorico e Maroni ha risposto. Eppure se a Roma il ministro dell'Interno sembra essere tornato ad allinearsi, sul territorio continua la sua battaglia. E così, feudo dopo feudo, Maroni sta conquistando sempre più spazio, soprattutto nella sua Lombardia. E ieri, proprio in questa direzione è andato l'esito del congresso di Brescia. Una città che i maroniani hanno strappato al controllo dei «cerchisti», uomini fedelissimi di Umberto Bossi. Infatti, con 257 voti Fabio Rolfi è diventato il nuovo segretario provinciale battendo Mattia Capitanio che si è fermato a quota 174. Una vittoria che acquisisce un peso strategico ancora più influente dato che Capitanio è stato fino al giugno scorso il collaboratore dell'assessore lombardo allo Sport e ai giovani, Monica Rizzi denunciata alla Procura di Brescia per trattamento illecito di dati personali. Dossier che sarebbero serviti poi per colpire «nemici» fuori e dentro la Lega Nord, assicurando anche il miglior risultato elettorale possibile alle scorse Regionali a Renzo Bossi. Dopo la vittoria del candidato "anti-cerchio" (Enzo Antonini), nel primo round congressuale, in Valcamonica, quindi, anche a Brescia, i nuovi equilibri sembrano favorire i Lùmbard che si identificano con le posizioni del ministro dell'Interno. Ora i giochi si spostano a Varese, dove domenica prossima si terrà il terzo e ultimo congresso dell'autunno. E la posta in gioco è ben più alta visto che lo scontro sarà proprio tra i big. Lì, infatti, voteranno Maroni, Reguzzoni, Giorgetti e Renzo Bossi (neo-militante a Gemonio, mentre il padre è iscritto a Milano). Ale.Ber.

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