Nelle urne c'è il vuoto
L'urna s'allarga, assieme al senso di vuoto. Vuota rischia di restare, perché si ha l'impressione che il partito più gettonato sia quello di chi non vuole scegliere fra i partiti che ci sono. Il voto non voto guadagna posizioni al crescere del vaniloquio. Ad avvicinare le urne contribuisce la valanga di firme per il referendum elettorale. Un segnale di disperazione. Tornare al vecchio sistema elettorale non sarebbe risolutivo di un bel nulla, dato che siamo giunti fin qui grazie a quello, ma i tanti cittadini che hanno firmato sanno che così non si può andare avanti. E hanno ragione. Il tema decisivo è quello di mettere in coerenza un sistema elettorale serio con una diversa architettura costituzionale. L'Italia ha molti problemi e molti punti di forza, ma il più rilevante dei primi e il più nocivo per i secondi è una governance rimasta impantanata al secolo scorso. Gli obiettivi da raggiungere sono due: consentire agli elettori di scegliere da chi farsi rappresentare e consentire agli eletti di governare e legiferare. Oggi li manchiamo entrambi, e si vede. Ma se si lavora solo sul sistema elettorale non si va da nessuna parte, come venti anni d'esperimenti dovrebbero aver chiarito. Alle urne potremmo andarci anche domani, se potessimo sottoporre agli elettori scelte vere su questi temi. Le forze politiche avrebbero un significato, se su questi s'impegnassero a dir cose appena sensate. Ma se si convocano le elezioni per l'ennesima conta, nel pieno della crisi e per scantonare il referendum, allora vuol dire che, al di là delle chiacchiere, all'attuale sistema elettorale sono affezionate molte segreterie. Sanno che da quello dipende il loro potere. Ecco perché l'urna s'allarga, come anche il senso di vuoto.