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Marcegaglia vuole la patrimoniale

Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

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Risolvere la crisi? Si può ma mettendo una bella patrimoniale e accelerando l'innalzamento dell'età pensionabile. Dopo aver strillato contro il contributo di solidarietà e aver impiegato fiumi di parole contro l'eccessivo peso fiscale ecco che il mondo delle imprese rispolvera la vecchia ricetta di colpire il patrimonio. Il che significa, considerando la composizione della ricchezza certificabile, fare una vera trasfusione a una larga platea di persone e famiglie, essendo l'Italia un Paese di proprietari, dalle prime case, ai titoli di Stato e a tutto quello che può essere amministrato direttamente e indirettamente dalle banche. La ricetta è contenuta nel manifesto in 5 capitoli presentato ieri, in pompa magna, dalle associazioni imprenditoriali: Confindustria, Abi, Ania, Rete imprese e Alleanza Cooperative. E illustrato con cipiglio ultimativo: «Salvare l'Italia non è uno slogan. Non si può assistere inerti, servono scelte immediate e coraggiose, il tempo è scaduto. Dalle imprese proposte forti e coraggiose, se non andranno avanti valuteremo se lasciare i tavoli di confronto con il Governo».   A usare toni più duri è il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia. Non è nuova a ultimatum al governo ma ieri ha rincarato la dose spalleggiata dalle altre associazioni imprenditoriali. «Non sono idee, sono misure dettagliate, pronte ad essere varate, manca solo la firma per farne un decreto... un po' come la lettera della Bce», viene fatto notare negli ambienti del mondo imprenditoriale. L'ipotesi è di una patrimoniale dell'1,5 per mille sui patrimoni mobiliari e immobiliari delle persone fisiche, con una esenzione sotto il valore di milione e mezzo di euro. Permetterebbe di finanziare un taglio di 2 miliardi di Irpef e altrettanti di Irap. Oltre a incentivi allo sviluppo come il credito d'imposta per ricerca e innovazione e l'aiuto alla crescita. Poi lotta all'evasione con il tetto a 500 euro per i pagamenti in contante. Vediamo gli altri punti. Elevare l'età pensionabile come nel pubblico impiego: a 65 anni dal 2012; ma anche anticipare al 2012 l'aggancio automatico all'aumento della speranza di vita, e portare a 62-68 anni la forcella di pensionamento flessibile prevista nel contributivo. Riforma delle pensioni di anzianità, abolendo l'attuale sistema, con un sistema transitorio e stop all'erogazione di pensioni sotto i 62 anni. Abrogare tutti i regimi speciali da gennaio 2012. Nel manifesto anche la cessione del patrimonio immobiliare di enti statali e locali, dismissione delle partecipazioni societarie nei servizi pubblici locali. Infine liberalizzazioni, semplificazioni e riforma degli ordini. Per le infrastrutture si chiedono investimenti pubblici e una spending review per contenere la spesa. Il presidente dell'Abi ha respinto l'insinuazione che il manifesto sia un modo per mandare a casa il governo. «Lo spirito che ci anima è serio, severo nei contenuti, preoccupato, ma costruttivo. Non è una cosa contro, è per l'Italia. Non siamo qui per mettere in crisi questo o quel governo. Bisogna rimboccarsi le maniche non animare divisioni» ha detto Mussari.   E di rimando la Marcegaglia: «Quello che ci interessa è che il governo abbia la forza di varare queste riforme. Non siamo interessati a vie spagnole (le elezioni anticipate decise a Madrid) o altro. Non siamo noi a dover dire se un governo deve restare o andar via, ma diciamo che servono misure immediate e coraggiose, che il paese ha bisogno di politiche economiche diverse, che il tempo è scaduto». Accettiamo la sfida, replica il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani: «Continuiamo a lavorare insieme ai tavoli per la crescita ai quali Confindustria ha già avuto la possibilità di presentare le sue proposte». Critico è invece il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Una patrimoniale strutturale di questa entità - ha commentto - considerando la composizione della ricchezza certificabile, arriverebbe inevitabilmente a colpire una larga platea di persone e famiglie». Quanto agli effetti su Irpef e Irap sarebbero marginali. «La redistribuzione di questi sei miliardi su Irpef e Irap, immaginandola in modo equo, avrebbe effetti poco percettibili». Quanto alle pensioni, aggiunge Sacconi, «da un lato gli estensori sembrano volere correggere la riforma Maroni con il pensionamento flessibile in regime contributivo (il che darebbe luogo a molti più oneri) e dall'altro condannerebbero improvvisamente ad attendere 3-4 anni proprio le donne e i lavoratori anziani con molta contribuzione che quotidianamente le imprese e le banche medie e grandi sono portate ad espellere affidandoli agli ammortizzatori sociali».

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