Casini sta con Maroni "Meglio votare subito"

Un milione e duecento firme ammassate in decine di scatoloni che chiedono al Parlamento di cambiare la legge elettorale possono fare molta paura. E quando il volere del popolo comincia a spaventare il Palazzo può succedere di tutto. Succede, ad esempio, che il partito del voto anticipato, in un Parlamento che si è sempre mostrato parecchio attaccato alla poltrona, cresca a vista d'occhio. E che il centrista Pier Ferdinando Casini, da sempre in contrasto con la Lega, si trovi d'accordo con Roberto Maroni. Il leader dell'Udc affida il suo pensiero alle pagine del blog e non usa giri di parole: con questa questa maggioranza è impossibile fare una riforma della legge elettorale condivisa, quindi, pur senza nostalgie per il mattarellum, meglio dare la parola ai cittadini. «La mia posizione sulla legge elettorale è chiarissima. Sono per il sistema proporzionale tedesco e non ho alcuna nostalgia per le ammucchiate né per le decine di minipartiti dell'epoca del mattarellum», scrive senza mezzi termini Casini. Se la Cassazione prima, e la Corte Costituzionale poi, considerassero validi firme e quesiti, infatti, è proprio al mattarellum che si tornerebbe. E per il Terzo Polo, che con l'attuale legge elettorale ricoprirebbe un ruolo decisivo - per lo meno al Senato - sarebbe la fine. Meglio allora andare subito alle urne, nella speranza di rosicchiare qualche voto tra gli elettori delusi del centrodestra (sfruttando magari l'onda lunga delle parole del cardinale Angelo Bagnasco che solo pochi giorni ha invitato tutti i cattolici a farsi carico della vita politica del Paese) e, perché no, di accogliere anche i moderati legati al Pd, ma spaventati dall'asse Vendola-Di Pietro. Casini allora ci prova: «Il Terzo Polo e l'Udc - continua - esprimono un'esigenza reale nel Paese e, con qualsiasi sistema elettorale, saranno decisivi per governare l'Italia. Per questo, vi sorprenderò, ma trovo che Maroni abbia perfettamente ragione. Con una maggioranza come questa, in stato confusionale, fare una legge elettorale seria e condivisa è come scalare l'Everest a piedi nudi. Molto meglio dare la parola ai cittadini, che è sempre un grande fattore di democrazia». Al leader Udc si affianca anche Di Pietro. A Tonino non sembra vero: «Una volta tanto sono d'accordo sia con Casini sia con Maroni: i tempi sono maturi per andare ad elezioni», spiega. Per lui, a dire il vero, le possibili strade da percorrere rimangono due: o il voto o il referendum (è tra i promotori della raccolta firme), ma alla tentazione di mandare a casa il Cav, proprio non ha resistito. La partita, insomma, è complicata. Il ruolo più difficile spetta forse al Pdl, stretto tra l'esigenza di cercare di portare a termine la legislatura, confermando però l'impianto maggioritario della legge elettorale, e quella di cercare coinvolgere i centristi di Casini. «La legge elettorale che abbiamo adesso è un'ottima legge, basta solo che si introducano le preferenze» dice il ministro La Russa. Ma non tutti la pensano così. «Ripristinare le preferenze significa moltiplicare i costi della politica, favorire il voto di scambio», avverte Giuliano Cazzola. «Ci siamo dimenticati i candidati designati in collegi uninominali "sicuri" senza alcun rapporto con il territorio?» incalza Maurizio Gasparri. I democratici di Pier Luigi Bersani, intanto, impegnati oggi nella Direzione nazionale del partito, studiano la strategia. La Bindi ripete: «Per quanto ci riguarda noi siamo ancora lì con la nostra proposta che dopo le firme sul referendum è ancora più sentita: Berlusconi faccia un passo indietro, facciamo un governo di responsabilità nazionale per fare anche la legge elettorale». Del resto, mica son qui per scalare l'Everest a piedi nudi?