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Asse Casini-Maroni sul voto Il referendum spacca la Lega

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Il leader dell'Udc Pierferdinando Casini

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La marea di firme contro il porcellum scompagina la mappa delle alleanze e, dopo aver portato scompiglio dentro il Pdl, ora torna ad agitare le acque nella Lega. Il via libera al referendum da parte del ministro leghista Roberto Maroni, letto come un'accelerazione verso il voto anticipato, viene infatti stoppata dal collega Roberto Calderoli, che torna ad insistere sulla necessità di una riforma in due atti. Prima quella costituzionale e poi quella elettorale. Per "trasformare l'attuale legislatura in una legislatura costituente". Un percorso lungo che, infatti, anche a volerlo accelerare al massimo, porterebbe il tutto a ridosso dell'estate: fuori tempo massimo per chiedere una chiusura anticipata della legislatura. Questa è "la via maestra" sentenzia il berlusconiano Fabrizio Cicchitto. Mentre a favore di Maroni si schiera, a sorpresa, il leader centrista, Pier Ferdinando Casini: "Maroni ha ragione. Meglio dare la parola ai cittadini". La spaccatura nella Lega fa da spartiacque anche tra chi auspica una riforma della legge elettorale e chi spera nelle elezioni anticipate, chi tifa per le preferenze e chi rema contro. Anche se a parole, tutti, prendono le distanze dal porcellum, a partire dal ministro che l'ha varata. Calderoli prende le distanze dal porcellum: "La Lega e il sottoscritto erano a favore del Mattarellum. Fummo ricattati da Casini per introdurre un sistema proporzionale, da Fini che voleva le liste bloccate e da Berlusconi che voleva il premio di maggioranza, con la collaborazione della sinistra che non disse nulla" dice il ministro che ricorda: "Fui il primo a definire il nuovo sistema una porcata". Di Pietro si affianca a Casini che sostiene l'impossibilità di fare una riforma condivisa con l'attuale maggioranza. "Una volta tanto sono d'accordo sia con Casini sia con Maroni: i tempi sono maturi per andare ad elezioni" dice il leader dell'Idv che vede solo due strade: o elezioni subito o referendum. Una partita complicata che vede il Pdl stretto tra l'esigenza di cercare di portare a termine la legislatura, confermando però l'impianto maggioritario della legge elettorale, e quella di cercare coinvolgere i centristi di Casini. Domani il Pd riunirà il direttivo: i democratici devono ora incastrare questa nuova variabile nella strategia volta ad accelerare l'alternativa di governo. "Per quanto ci riguarda noi siamo ancora lì con con la nostra proposta che dopo le firme sul referendum è ancora più sentita: Berlusconi faccia un passo indietro, facciamo un governo di responsabilità nazionale per fare anche la legge elettorale" dice Rosi Bindi che però aggiunge: "Temo che il premier si stia convincendo di andare a votare a subito". Nel Pdl la grana sulla legge elettorale porta sconquasso, soprattutto dopo che il segretario Alfano aveva promesso modifiche per il ritorno delle preferenze. "La legge elettorale che abbiamo adesso è un'ottima legge solo che si introducano le preferenze" dice il ministro La Russa, ma non tutti la pensano così. "Ripristinare le preferenze significa moltiplicare i costi della politica, favorire il voto di scambio" avverte Giuliano Cazzola. "Ci siamo dimenticati i candidati designati in collegi uninominali 'sicurì senza alcun rapporto con il territorio?" incalza Maurizio Gasparri. Perplessità che esprime in modo diretto il pidiellino Carlo Ciccioli: "La riforma della legge elettorale, per essere approvata, necessita del consenso degli attuali parlamentari. Quindi, per ottenere il risultato, le uniche possibilità sono confermare l'attuale legge con l'introduzione della preferenza unica con una piccola quota bloccata in ogni circoscrizione -ad esempio: 1 o 2 capolista bloccati, poi libera scelta - oppure con collegi maggioritari ma con seggi assegnati".  

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