Il Pd sfiducia i radicali
Alla fine il giustizialismo del Pd si abbatte contro i Radicali, colpevoli di essersi astenuti sulla mozione di sfiducia al ministro Romano, per giunta senza averlo dichiarato il giorno prima ai dirigenti democratici. Finisce così il confronto a Montecitorio. Con Romano e la maggioranza che tirano un sospiro di sollievo e i Democratici che, invece, minacciano di far fuori dal partito i radicali. Oggi si riunirà il gruppo del Pd per decidere il da farsi mentre ieri sera si sono confrontati gli esponenti del partito di Marco Pannella ed Emma Bonino. Ora i sei deputati radicali rischiano l'espulsione dal Pd. Alla Camera Maurizio Turco ed Elisabetta Zamparutti hanno spiegato che la scelta di astenersi è stata decisa dopo il disinteresse mostrato dal Senato alla proposta radicale per fronteggiare la drammatica situazione nelle carceri. Per questo ogni deputato radicale ha risposto alla «chiama» per il voto urlando «amnistia» e sventolando cartelli. È la deputata Rita Bernardini a spiegare, passate le 23, mentre la riunione della componente radicale è ancora in corso, che loro hanno presentato solo «proposte per uscire dal pantano dell'illegalità di questo Paese e delle carceri» ma che «non c'è stato niente da fare». L'altroieri era stata la vicepresidente del Senato Bonino a chiedere almeno un grande dibattito in tv, replicando alle parole del ministro Nitto Palma, che ha negato qualsiasi ipotesi di amnistia o indulto. «Questa sera è solo la scuola della pervicacia radicale che mi impedisce di farmi prendere dallo sconforto» ha concluso la Bonino. Anche perché lo stesso Pd ha chiuso la porta in faccia alle idee radicali. «Bisogna ricordare - ha detto ancora la Bonino - che carcere significa privazione della libertà, non privazione della dignità». Sembrava finito tutto con la contrapposizione e l'amarezza provata a Palazzo Madama. Invece no. Benché inutili quei sei voti al fine del risultato della votazione, l'opposizione ieri ha più volte inveito contro i radicali. Urla e schiamazzi per stigmatizzare la scelta di votare in modo differente rispetto ai Democratici. Immediatamente, ancor prima che si concludessero le operazioni di voto, il Pd ha convocato l'ufficio di presidenza. Non è esclusa l'espulsione dei radicali dal gruppo. Anche perché l'astensione sulla mozione di sfiducia a Romano è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I radicali, infatti, avevano già votato diversamente dal Pd sul disegno di legge sulle professioni sanitarie (dove il governo è andato sotto sull'emendamento che prevedeva di istituire l'ordine dei dentisti). Ma già in passato c'è stato un formale richiamo, ripetuto ieri in Aula dal deputato del Pd Roberto Giachetti, poco prima della decisione di astenersi sulla mozione di sfiducia. «È stato un comportamento incomprensibile e intollerabile» ha detto il capogruppo Dario Franceschini - Domani (oggi) alle 18 - ha aggiunto - abbiamo convocato il direttivo del gruppo che in base allo statuto è competente a decidere cosa fare». Inoltre i radicali «non avevano neanche comunicato al gruppo la loro decisione», ha concluso l'ex segretario del Pd. «Per quanto mi riguarda considero il comportamento dei radicali inqualificabile», ha aggiunto la presidente del Pd, Rosy Bindi. «Ritengo che il gruppo ne debba trarre le conseguenze e, per quanto mi riguarda, anche il partito». Sono quattro le sanzioni previste che oggi il direttivo valuterà: il richiamo orale che è già stato fatto in Aula, il richiamo scritto, la sospensione e l'espulsione. I vertici del gruppo parleranno con i radicali ma, a quanto si apprende, il comportamento dei sei deputati viene considerato oramai degno della massima sanzione: l'espulsione. È intervenuto anche il capogruppo del Pdl a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto: «Se il Pd decide l'espulsione dei radicali dà prova che il giustizialismo viene portato alle estreme conseguenze».