Nelle Regioni poltrone blindate
Altro che Camera e Senato, la Casta sta nelle Regioni. Il governo ha provato a metterle a dieta ma dopo il naufragio del piano presentato da Tremonti, che avrebbe ridotto poltrone e auto blu, è rimasto solo l'articolo 14 della manovra a ridurre le spese. Prevede di tagliare il numero di consiglieri e assessori. Ma le Regioni non ci stanno. Secondo la manovra dalla prossima legislatura i consiglieri regionali dovranno essere in proporzione al numero dei cittadini stabilito dal censimento del 2001. A conti fatti ci sarebbe un taglio di almeno una decina di poltrone ogni ente. Non solo. Lo stesso provvedimento prescrive che gli assessori non siano più di un quinto dei consiglieri, cioè da 2 a 6 in meno ciascuno rispetto ad ora. Un risparmio rilevante ma soltanto virtuale visto che le Regioni, proprio in questi giorni, hanno sferrato la controffensiva. In nome dell'autonomia legislativa e delle norme contenute nei singoli statuti, gli enti locali rimandano al mittente l'articolo taglia posti. Certo qualche governatore avverte che è pronto a varare piani anti-sprechi, ma per ora niente di concreto. Nello stesso tempo restano le proteste verso l'esecutivo per la riduzione dei trasferimenti, soprattutto quelli che finanziano i trasporti pubblici che obbligheranno le Regioni alla riduzione dei servizi. Ma le poltrone non si toccano. Se Montecitorio costa ai cittadini più di un miliardo all'anno e Palazzo Madama oltre 500 milioni di euro, gli enti locali non fanno grandi economie. La busta paga di un consigliere regionale è di poco inferiore a quella di un parlamentare. Anche se i benefici, in alcuni casi, sono di gran lunga maggiori. Nel Lazio, ad esempio, il vitalizio (da 3 a 6 mila euro netti al mese secondo le legislature trascorse alla Pisana) viene assegnato a 50 anni (con una piccola detrazione rispetto alla cifra intera che si porta a casa allo scoccare dei 55 anni). Per non parlare delle Commissioni: nel Lazio sono 20, contro le 8 della Lombardia (nelle altre Regioni sono ancora meno) o dei monogruppi (partiti con un unico consigliere che, tuttavia, hanno una segreteria di 5 persone e un'indennità specifica di 1.800 euro al mese in più per il capogruppo). Torniamo ai dati. Secondo lo schema del governo, il Lazio passerebbe dagli attuali 70 consiglieri (più il seggio del governatore) a 50, mentre gli assessori scenderebbero da 16 a 10. In Abruzzo il Consiglio perderebbe dieci posti (da 40 a 30) e quattro assessori (da 10 a 6). Il Piemonte avrebbe 50 consiglieri invece di 60 e 10 assessori (ora sono 11). La Lombardia resterebbe con le stesse poltrone mentre il Veneto avrebbe una riduzione di dieci seggi e di 2 assessori, come quasi tutte le altre Regioni. L'articolo 14, del resto, è chiaro: prevede 20 consiglieri per gli enti locali fino a un milione di abitanti (Umbria, Molise e Basilicata), 30 fino a 2 milioni, 40 fino a 4, 50 fino a 6 milioni, 70 fino a 8 e, infine, 80 consiglieri per più di 8 milioni di abitanti (la Lombardia). Ma non è tutto. La manovra del governo prevede anche che le Regioni dicano addio ai vitalizi dei consiglieri e tornino al sistema previdenziale contributivo. C'è poi il caso del Molise, dove si voterà tra una quindicina di giorni. Secondo il decreto del prefetto, che applica la vecchia legge 108 del '68, i consiglieri da eleggere sono 30. Invece secondo l'articolo 14 della manovra il Consiglio regionale del Molise dovrebbe essere composto da 20 consiglieri. Come andrà a finire? In ogni caso, le Regioni non ci pensano proprio a modificare i loro Statuti secondo le «indicazioni» del governo. Ha protestato per primo il presidente del Consiglio regionale dell'Umbria e vice coordinatore nazionale della Conferenza dei presidenti dei Consigli regionali e delle Province autonome, Eros Brega, che ha bocciato l'articolo 14: «È palesemente incostituzionale». E se il presidente del Consiglio del Lazio, Mario Abbruzzese, spezza una lancia in favore delle inevitabili misure del governo per fronteggiare la crisi ma avverte che il provvedimento «si pone in netto contrasto con l'autonomia delle Regioni», va controcorrente il governatore della Puglia Nichi Vendola che due settimane fa ha annunciato: «Farò ricorso alla Corte costituzionale contro tutti gli aspetti di dubbia costituzionalità della legge di bilancio, ma non farò ricorso sull'indicazione prescrittiva dei 50 consiglieri come numero massimo, perché la trovo un'indicazione di sobrietà che condivido e che ho fatto mia». Un'eccezione. Mentre i tagli si allontanano.