Mediaset in caduta libera
«State ascoltando un imprenditore che ha tre aziende in Borsa e che dunque è nella trincea finanziaria, consapevole ogni giorno di quel che accade sui mercati», aveva detto il 3 agosto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel suo intervento alla Camera. Le perdite di questa battaglia che mister B. sta combattendo sul campo di Piazza Affari stanno aumentando pericolosamente: ieri il titolo Mediaset ha aggiornato i minimi storici a quota 2,036 euro arrivando a perdere nel corso della seduta oltre il 6 per cento. Nell'ultimo anno le azioni del Biscione hanno lasciato sul terreno il 59 per cento. Nel 2007 capitalizzava quasi 11 miliardi, oggi ne vale solo 2,6. Un brutto colpo per il Cavaliere che il 12 settembre ha leggermente arrotondato la sua quota in Mediaset, superando di misura la soglia del 40% detenuto tramite la finanziaria Fininvest (ora al 40,007%). Considerando anche la quota dello 0,099% posseduta tramite la Holding Italiana Seconda il presidente del Consiglio è salito al 40,106% del gruppo televisivo (la precedente fotografia al 12 agosto era del 39,927%). Anche i vertici del gruppo sono preoccupati. E danno la colpa alla crisi politica. «Se si ha a cuore il Paese non vedo perché si debba azzoppare l'azienda: sarebbe una visione miope di persona faziosa», ha detto ieri il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, nel corso di un faccia a faccia con Lucia Annunziata al festival del diritto di Piacenza replicando alla giornalista che gli chiedeva se vi fosse del timore per la società in caso di una caduta del governo guidato da Berlusconi. «Questo timore ce l'ho - ha aggiunto Confalonieri - ma questo non è un paese da Piazzale Loreto: perché azzoppare un'azienda che ha 5.000 dipendenti e dà lavoro ad altre 5.000 persone?» A giudizio del presidente di Mediaset «la gente di sinistra è ragionevole anche se il timore di chi dice che se va giù Berlusconi azzoppiamo le sue aziende c'è». «Il conflitto di interessi c'è - ha proseguito - ma non è che a beneficiarne sia la nostra azienda anche perché noi facciamo il nostro mestiere rispettati dal pubblico se equidistanti dalle parti politiche. Altrimenti - ha puntualizzato - perdiamo in credibilità e se perdiamo credibilità perdiamo anche i nostri clienti». «Ad ogni modo - ha concluso Confalonieri - la tv ha anticorpi tali per cui non è un problema per la democrazia». Confalonieri ha infine difeso «l'amico» Silvio sotto attacco in questa fase delicata del Governo: «Sono perché Berlusconi resista e non vedo perché debba lasciare». L'opposizione fa l'opposizione, ha osservato, «e la posso anche capire ma trovo anche legittimo che finché questa maggioranza ha il voto del Parlamento debba andare avanti. Poi se buttano giù Berlusconi sarà il presidente della Repubblica che ne trarrà le conseguenze». Il mercato sta intanto ragionando su due ipotesi che riguardano Mediaset: che la crisi economica porti a una contrazione di utili e dividendi della società o che un eventuale nuovo Governo imponga regole più rigide per il settore con un conseguente ridimensionamento del gruppo. Queste considerazioni hanno spinto S&P Equity Research ad abbassare il giudizio sul titolo da hold (tenere in portafoglio) a sell (vendere) e a parlare di una doppia tempesta in vista. Ieri Barclays Capital ha ridotto solo il target di prezzo su Mediaset da 3,5 a 2,75 euro. Gli analisti hanno abbassato la stima di utile per azioni nel 2012 da 0,33 a 0,30 euro, confermando a 0,30 quella sul 2011. Nonché le stime sulla crescita della raccolta pubblicitaria del gruppo a -2,6% e -1,5% da -3,0% e 2,0% rispettivamente per quest'anno e per il 2012.