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Berlusconi: mi dimetto solo se mi sfiduciano

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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L'ultima volta l'asticella si è fermata a 312. Che non è la maggioranza assoluta della Camera dei deputati, ma sono comunque 6 voti in più di quelli che l'opposizione, tutta insieme, è riuscita a raccogliere. E poi c'erano gli assenti. Quindi, nonostante quello che tutti possono pensare, Silvio Berlusconi ha ancora una maggioranza che lo sostiene. Ed è forte di questo dato che, in attesa del voto che mercoledì deciderà le sorti del ministro dell'Agricoltura Saverio Romano, il premier sfida quelli che da giorni, fuori e dentro il centrodestra, sui giornali e nelle trasmissioni televisive, gli chiedono di fare un passo indietro. «Ogni giorno ci chiedono un passo indietro - dice intervenendo telefonicamente alla festa del Pdl di Cuneo -. Stiano tranquilli perché non possiamo andare dietro alle aspettative dei media e dell'opposizione. Non ci dimetteremo se non dopo un voto di sfiducia in Parlamento che io escludo». A ben vedere il Cavaliere, che in serata ripete il concetto in un'altra telefonata ad una manifestazione a Bisceglie, non ha tutti i torti. L'unico modo per far cadere il governo sarebbe quello di sfiduciarlo in Aula. E dal 14 dicembre, data in cui l'opposizione cercò invano di scalzare il premier da Palazzo Chigi (finì 314 a 311), la maggioranza non ha più sbagliato un colpo. Con l'unica eccezione del voto sulla richiesta di arresto per il deputato Pdl Alfonso Papa.   Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo ha detto chiaramente non più tardi di tre settimane fa: «Finché c'è un governo che ha la fiducia del Parlamento, comunque agisca, io non posso sovrappormi non solo di fatto, ma nemmeno con l'idea di un governo diverso. Il Capo dello Stato non interviene a formare un governo se ce n'è uno in carica che ha la fiducia della maggioranza del Parlamento». Così Berlusconi può respingere gli appelli dei suoi avversari e rilanciare: «Sono assolutamente convinto che il Pdl abbia le carte in regola per avere ancora tra un anno e mezzo dai cittadini il mandato per governare il Paese. Ci presenteremo, anche per l'opposizione che abbiamo, alla prossima scadenza elettorale con un programma realizzato che ci farà dare ancora dagli italiani la responsabilità di governo». Per far questo, spiega, «stiamo lavorando a un progetto di rinnovamento del Pdl che è cominciato con la nomina a segretario di Alfano. Daremo avvio a una nuova fase di partecipazione che vedrà protagonisti i nostri elettori ed i simpatizzanti». Ma non è l'unico passo. Anche il governo è al lavoro sui prossimi interventi da realizzare. Anzitutto un provvedimento sulle intercettazioni: «Dobbiamo tornare ad essere un Paese civile ed oggi non lo siamo. Quando chiamate qualcuno non sentite la morsa di uno Stato di polizia?» Poi le misure per la crescita che ci vengono chieste sia dall'Europa che dagli organismi internazionali: «In settimana esamineremo le misure per la crescita e lo sviluppo e con questo decreto dimostreremo che il governo sta sempre lavorando sodo per l'Italia». Quindi il capitolo più generale della riforme, quelle stesse riforme, che non sono state realizzate «per colpa di Fini e Casini». Ora, però, «in 18 mesi tutto questo sarà possibile». «Andremo avanti - spiega - e faremo le riforme che gli italiani ci chiedono, necessarie per ammodernare il Paese. Andremo avanti perché abbiamo una maggioranza coesa, solida, sicura che potrà fare finalmente quelle riforme, a partire dalla giustizia, dal fisco, dall'architettura istituzionale dello Stato». Il premier evita qualsiasi riferimento al ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Gianni Letta sarebbe al lavoro per combinare un incontro tra i due in settimana e, per ora, resta il gelo. Così il Cavaliere preferisce dare una stoccatina a chi lo ha criticato in queste settimane: «L'opposizione è sfascista, pensa solo al proprio tornaconto. Cadono le braccia vedendo come si comportano l'opposizione e i giornali, non solo quelli di sinistra ma tutti i grandi giornali italiani». E poi, trovandosi a parlare ad un raduno del Pdl pugliese, concedersi un commento sul momento di Antonio Cassano: «Lo stiamo coccolando e lui ci sta ripagando. È ritornato ad essere quel campione che conoscevamo».

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