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Berlusconi: mai più deleghe in bianco

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

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Mai più deleghe in bianco. Silvio Berlusconi non intende arretrare, determinato a riportare la regia delle scelte economiche a palazzo Chigi e a "vincere" il braccio di ferro con Tremonti. Per raggiungere l'obiettivo tira in ballo anche dell'articolo 95 della Costituzione. "Il presidente del Consiglio dei ministri - recita l'articolo - dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri". Insomma, palazzo Chigi vuole "tornare" ad essere il centro decisionale e, questa la strategia, il responsabile di via XX settembre sarà semplicemente uno dei tanti esponenti dell'esecutivo. Il premier mira a portare avanti l'operazione "ridimensionamento", riprendendo in mano la funzione di coordinamento e limitando, così, lo spazio di manovra del Professore di Sondrio. In nome appunto della collegialità. Non ci saranno più deleghe in bianco, spiega il premier a chi gli ha parlato oggi. Non è previsto al momento uno spacchettamento del dicastero, ma una sorta di "ridiscussione" delle deleghe. Quarantotto ore dopo il voto su Milanese restano le distanze tra il Cavaliere e il ministro. Anche se Gianni Letta sta cercando di mediare, di trovare una soluzione per ristabilire un clima d'unità. Tremonti lascia fare, è concentrato sulle misure per lo sviluppo (per mercoledì è fissata un'altra riunione con gli industriali ed i rappresentanti del mondo bancario), non è contrario neanche alla "mossa" di istituire una cabina di regia. Innanzitutto perché non ci sono soldi in cassa e non si esce, questa la premessa, dalla crisi limitandosi a porre dei "paletti". E poi - fanno notare fonti parlamentari vicine a Tremonti - perché il premier, così facendo, dovrà "intestarsi" l'ingrato compito di convincere gli altri ministri, da La Russa a Maroni, dalla Gelmini alla Prestigiacomo, a tagliare sei miliardi di spese dei vari dicasteri, taglio previsto in manovra e contro il quale mezzo governo è insorto. Silvio Berlusconi è in Sardegna, a ricaricarsi per affrontare una nuova settimana delicata (nessuna preoccupazione però per le sorti di Romano) e pronto, dicono i suoi, a convocare anche un ufficio di presidenza del Pdl per continuare ad esercitare un pressing su Tremonti. Via dell'Umiltà attende l'esito della "partita" tra Berlusconi e Tremonti con ansia crescente. Si torna a parlare di primarie, di riforma della legge elettorale, proprio perché - riflettono fonti parlamentari del Pdl - qualora non si dovesse sbrogliare la matassa, il ricorso alle urne anticipate - come prevede Roberto Formigoni - appare un approdo naturale, anche in conseguenza del sempre più probabile via libera del referendum. Scenari di elezioni in primavera non sono esclusi neanche dal Cavaliere che deve fare i conti anche con le inchieste giudiziarie. Il presidente del Consiglio aspetta di sapere ufficialmente se è indagato dalla procura di Napoli per il "caso Tarantini". Per ora nei suoi ragionamenti privati usa l'arma dell'ironia, parla di "sceneggiata" partenopea, di giudici che ora hanno gettato la maschera. Ma ormai - si limita ad osservare il premier con i suoi - gli italiani hanno capito questi giochetti e non si fanno più ingannare e - conclude - neanche io ho alcuna intenzione di farmi prendere in giro. Questa è la prova che voglioni farmi fuori ma non ci riusciranno.  

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