Scoppia la guerra del gas
La guerra del gas infiamma il Mediterraneo orientale. E Cipro torna a essere al centro della disputa internazionale. I giacimenti di idrocarburi a largo dell'isola hanno riaperto antiche rivalità. La decisione del governo di Nicosia di autorizzare le trivellazione di compagnie israeliane e americane ha scatenato le ire di Ankara da sempre oppositrice della Repubblica cipriota. Il premier Erdogan è arrivato a definire una «follia» quelle trivellazioni e non ha escluso l'uso della forza per impedirle. Per Erdogan, si tratta di un chiaro atto di «sabotaggio» di Nicosia nei confronti dei negoziati tra turco-ciprioti e greco-ciprioti. Il premier ha quindi ricordato che «anche il popolo turco-cipriota ha dei diritti nel Mediterraneo» e la Turchia, «come Paese garante, lo sosterrà nei suoi sforzi per proteggerli». Il governo greco-cipriota, in collaborazione con Israele, aveva annunciato lunedì di aver avviato, tramite la società petrolifera americana Noble, le trivellazioni esplorative nei giacimenti di gas lungo la costa meridionale dell'isola, nella cosiddetta area di interesse economico esclusiva, spartita con Tel Aviv. In risposta, Erdogan, dopo il rifiuto di Nicosia di fermare le esplorazioni, aveva fatto sapere che molto presto Ankara avrebbe iniziato le sue «prospezioni» nel braccio di mare della Repubblica Turca di Cipro, nella parte settentrionale dell'isola, entità nata nel 1974 e riconosciuta solo dalla Turchia. Oggi, incurante della richiesta dell'Ue di fermarsi, una nave turca attrezzata per le prospezioni petrolifere off-shore sarà nella zona di mare scelta per le trivellazioni. La Turchia sembra isolata in questa decisione. Dopo l'Ue anche Washington si è detta contraria. E persino Mosca, attraverso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, sostiene la legittimità delle ricerche avviate da Nicosia perché si basano sulle leggi internazionali. Ma Ankara non intende fermarsi seguendo, oltrettutto, la linea di scontro con Israele. E va oltre. Il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, ha minacciato di inserire in una «lista nera» i nomi delle aziende petrolifere internazionali che collaborano alle prospezioni petrolifere avviate dalla Repubblica di Cipro nelle proprie acque territoriali e di impedire la loro futura partecipazione a progetti analoghi in Turchia.