Milanese salvo. Schiaffo ai gufi
I "malpancisti" hanno fallito. Marco Milanese, anche se solo per una manciata di voti, è salvo: Montecitorio ha evitato l'arresto all'ex collaboratore del ministro Tremonti con soli tre voti in più rispetto a quelli che servivano. I contrari all'arresto sono stati 312, la maggioranza richiesta era di 309. I favorevoli a far aprire le porte del carcere di Poggioreale al deputato del Pdl si sono fermati a quota 305, che in realtà erano 306, perché il voto del vicesegretario del Pd Enrico Letta non è stato registrato per un errore tecnico. La maggioranza può tirare un sospiro di sollievo, ma la votazione ha dimostrato che all'interno del Pdl e della Lega qualche "franco tiratore" c'è sicuramente stato. Secondo i tabulati si parla di 7 "malpancisti" che hanno votato con le opposizioni per l'arresto. Il dato emerge analizzando le presenze dell'aula: l'opposizione schierava 299 deputati, mentre i sì all'arresto sono stati 306. I banchi della maggioranza, altro segno di disagio, non erano al completo. Mancavano otto deputati: il leghista Alessandro Montagnoli, Antonio Gaglione di Noi Sud e sei del Pdl che sono Alfonso Papa, che è agli arresti a Poggioreale, Pietro Franzoso, Giuseppe Angeli e Nicolò Cristaldi e il ministro Franco Frattini. Ma l'assenza che ha dettato più di qualche critica è quella di Giulio Tremonti, impegnato al vertice Fmi a Washington ma che, ascoltando i commenti in Transatlantico, avrebbe probabilmente deciso di non essere presente per evitare imbarazzi. Eppure se da una parte i detrattori si sfogano, in primis il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto («l'assenza del ministro è un forte indicatore di quanto vale l'uomo»), seguita da quella di Antonio Martino («Temo che Guido abbia ragione», e il premier Silvio Berlusconi glissa, è lo stesso Milanese a prendere le difese del ministro: «Non mi sento di muovergli nessun tipo di critica» anche perché «il ministro Tremonti, così come il ministro Frattini, erano in missione e rappresentavano l'Italia all'estero». Ma il deputato del Pdl, da mercoledì autosospesosi dal partito, intervistato ieri sera da Bruno Vespa a Porta a Porta, ha voluto spiegare agli italiani la propria posizione partendo proprio dal suo rapporto con il ministro dell'Economia: «Io con Tremonti mi do del lei da sempre e continuerò a farlo. Non c'é nessun rapporto strano, finanziario, economico o opaco. È una persona con cui c'è una certa distanza». Milanese ha poi affrontato alcune delle vicende che sono emerse nell'inchiesta della Procura di Napoli e in particolare la questione della casa di via dei Prefetti. «A quella casa ci si è arrivati attraverso i miei conti bancari, ho pagato a oggi circa 140mila euro al Pio Sodalizio Piceno», ha spiegato, «dovevo andarci ad abitare ma non ci sono mai andato perché con la mia compagna abbiamo fatto un'altra scelta. Il ministro Tremonti cercava casa e io gli ho detto "professore se vuole...". E lui mi ha risposto: "Benissimo quando sono a Roma partecipò"». A quel punto, ha proseguito Milanese «mi ha dato soldi, ma non in nero. Sono soldi su cui il ministro ha pagato regolarmente le tasse. Come è risultato dagli atti Tremonti prende lo stipendio da ministro in contanti».