Il Cav: mi sfiducino, io non mi dimetto
Il momento in cui lasciare e uscire di scena lo deciderà solo lui. Berlusconi lo ripete ai suoi interlocutori anche in questi giorni in cui la pressione per farlo dimettere è più forte. E lo ha ribadito ieri, quando a stringerlo d'assedio sono arrivati anche i due editoriali del «Corriere della Sera» e del «Sole 24 ore» in cui gli si chiede di fare un passo indietro. Un messaggio, doppio, che ha un mandante ben preciso, il mondo industriale, quello guidato da Emma Marcegaglia. «Oggi il maggior problema italiano è la fine dell'era Berlusconi – scrive Sergio Romano sul quotidiano di via Solferino – Tutti, anche i migliori dei suoi amici, sanno che l'era è finita e che Berlusconi deve uscire di scena». «Il presidente del Consiglio dimostri di amare davvero l'Italia – scrive il direttore del «Sole» Roberto Napoletano – e di avere, di conseguenza, la forza e la volontà di farsi da parte se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve». «Mi sfiducino in Parlamento – ha ripetuto ieri il Cav – io non mi dimetterò mai perché ho una maggioranza forte e perché voglio portare l'Italia fuori da questa crisi». E se un passo indietro ci sarà – racconta chi gli è più vicino nel Pdl – non accadrà certo a breve termine. Bisognerà aspettare almeno che il governo vari entro l'anno la nuova tranche di manovra, quella tra i 5 e i 10 miliardi. Nessuno infatti, al di là delle dichiarazioni ufficiali, ha voglia di prendersi il peso di un provvedimento che provocherà solo nuove proteste e dissiperà consensi. La giornata di Berlusconi ieri è stata un susseguirsi di riunioni per cercare di risolvere i problemi più scottanti: prima un vertice con Bossi, poi un colloquio con il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, subito dopo la visita di un'ora al Quirinale e poi la sera alle dieci e mezza una riunione con i vertici del Pdl. Il tema più urgente riguarda il voto di oggi sul deputato del Pdl ed ex braccio destra di Giulio Tremonti Marco Milanese, su cui pesa una richiesta di arresto da parte del Tribunale di Napoli per l'inchiesta sulla P4. Con il voto segreto il rischio è che più di un parlamentare sia «ingolosito» dalla possibilità di votare a favore del carcere per colpire però il bersaglio più grosso, il ministro dell'Economia. Che certo in questi anni non ha raccolto simpatie. Affondare Milanese significa infatti automaticamente mandare a fondo anche il responsabile di via XX settembre e questo sarebbe un segnale terribile per la tenuta del governo. E per lo stesso Berlusconi. Così ieri nel primo pomeriggio il Cavaliere ha visto Umberto Bossi per capire le intenzioni della Lega sul voto di oggi e con il senatùr a palazzo Grazioli sono andati anche i due governatori del Piemonte e del Veneto Roberto Cota e Luca Zaia. Ma dal leader del Carroccio il premier ha avuto la promessa che stavolta non ci saranno sorprese come è accaduto invece con Alfonso Papa. Subito dopo a palazzo Grazioli è arrivato per un colloquio Fedele Confalonieri, il presidente di Mediaset. Le aziende di famiglia sono l'altro grande tema su cui ruota la possibilità e l'opportunità per Berlusconi di fare un passo indietro e lasciare palazzo Chigi. Nessuno può dargli la sicurezza che una sua uscita di scena salvi anche le sue società. «Berlusconi cederà terreno poco alla volta solo quando sarà sicuro che il territorio perso sia presidiato da forze amiche – commenta il sottosegretario Andrea Augello usando una metafora militare – La sua garanzia maggiore, forse l'unica, è di lasciare dopo aver costruito un Pdl più forte e con un leader pronto per le elezioni. Altrimenti avrà un esercito scatenato contro di lui». Insomma non è razionale che in questo momento il Cavaliere abbandoni tutto e se ne vada. Perché significherebbe automaticamente scrivere la sua condanna. E ieri sera il ministro per i Beni culturali Giancarlo Galan, ospite della trasmissione «Otto e mezzo» su La7, ha voluto respingere con una battuta ogni ipotesi di dimissioni. «Ho parlato con Berlusconi dopo l'incontro con Napolitano – ha commentato – e mi ha detto che posso rassicurare gli italiani: il presidente della Repubblica non si è dimesso». Alla conduttrice Lilli Gruber che lo correggeva dicendogli «voleva dire il presidente del Consiglio?», Galan ha replicato: «No, no, volevo dire proprio che il presidente della Repubblica non si dimette. Quello del Consiglio non ha mai avuto intenzione di farlo».