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E Storace "assolve" Marrazzo

Festa Idv Lazio, incontro Piero Marrazzo-Francesco Storace

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Un filo di emozione «tradisce» l'ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. Dopo due anni torna su un palco per parlare di politica e lo fa con il migliore «avversario», il suo predecessore Francesco Storace. Si apre così con un faccia a faccia inedito e atteso, la prima festa regionale dell'Italia dei Valori. A moderare il confronto tra i due ex presidenti, il collega de Il Tempo, Alberto Di Majo e de La Repubblica, Giovanna Vitale. L'attesa è stata tutta per Marrazzo. Lo si è compreso subito, quando decine di telecamere e microfoni hanno accompagnato l'ex governatore fin sotto il palco. Con lui le due figlie più grandi, Giulia e Diletta, Marrazzo ha atteso dietro le quinte l'entrata in scena. Chiarisce subito una posizione che pensa essere ancora scomoda: «Uno si può dimettere se sbaglia, io ho sbagliato nei confronti della mia famiglia che per di più aveva fiducia in me. Erano errori personali, ma chi è un uomo pubblico e sbaglia si dimette. Non ci si può però dimettere dalla vita. Per un uomo il lavoro, la professione, la politica intesi come passioni ne c'è ritiro». La platea mormora, non vuole sentire parlare del passato, ma del futuro. E così il tentativo di tirare fuori ancora cause e conseguenze del «caso Marrazzo» viene respinto al mittente. Dalla gente prima, da Storace poi. «Non voglio assistere a una sorta di flagellazione, altrimenti mi alzo e me ne vado. Marrazzo ha pagato anche troppo. Chiuderei qui la polemica pubblica». Tra gli applausi si comincia a parlare di 10 anni di storia della Regione Lazio. E né l'improvvisa pioggia né un autobus bloccato in piazza, con tanto di clacson al seguito, hanno scoraggiato la platea. Due esperienze, quella di Storace e Marrazzo che, nella diversità, hanno vissuto un epilogo che poco ha avuto a che fare con l'esperienza governativa. Oggi il riscatto di chi nel bene o nel male ha servito l'istituzione che rappresentava. A farla da padrona è dunque la sanità e proprio su questo iniziano le scaramucce sui debiti lasciati, sulla politica intrapresa. Non a caso Storace parla dell'apertura del Sant'Andrea, Marrazzo della chiusura del San Giacomo. Non sono due uomini a confronto ma due progetti politici. E se Storace insiste «basta con Regione ladrona sulla sanità, nel Lazio ci sono eccellenze che curano tutta l'Italia», Marrazzo fa eco: «proprio per questo occorre compiere un federalismo che pensi a Roma Capitale e alla Regione di Roma Capitale». Un bon ton tra i due che a momenti stordisce. La politica ormai utilizza ben altri toni. Se ne accorge Storace che ironizza: «Ora basta non vorrei che sui titoli dei giornali di domani ci fosse scritto "bacini tra Storace e Marrazzo"». Sta al gioco il secondo: «Bè no, proprio no». A spezzare gli indugi, la domanda se Berlusconi si debba dimettere oppure no. «Non sono né il giudice né il censore di Berlusconi - risponde Storace - siamo in un momento difficile ma vorrei anche che si dicesse basta a tutta questa ipocrisia, l'uomo non è diventato uomo nel 2000. Queste cose si sono sempre fatte ma il Paese era più importante, poi rivolgendosi a Di Pietro, arrivato alla festa, Storace affonda: «A Tonì, a me questa storia delle centomila intercettazioni per sapere chi c'è sotto le lenzuola di Berlusconi proprio non mi va giù. Io voglio giudicare Berlusconi per quello che fa di giorno non per quello che fa di notte». Inevitabile allora parlare della manovra. «Ho sentito molte voci su questa finanziaria ma non quella della destra sociale - sottolinea ancora Storace - si è parlato dell'abolizione delle province e del dimezzamento dei parlamentari, due cose che non si faranno mai. Nessun "nominato" ha proposto però di dimezzarsi lo stipendio per tre anni, il tempo della manovra, e posso dire che con seimila euro al mese si campa bene lo stesso». Marrazzo guarda al centrosinistra che deve «porsi il problema del futuro e se vuole continuare a fare dell'avversario un nemico. Serve pensare non alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni». Una stretta di mano finale chiude il faccia a faccia tra Storace e Marrazzo. E chissà se presto non li rivedremo a confrontarsi, magari come candidati a sindaco di Roma. Marrazzo ha chiarito che non aderisce ad alcun partito e non vuole ruoli istituzionali. Ma la politica è sempre, e comunque, l'arte del possibile.

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