Doppio colpo all'Italia da S&P e Fondo Monetario
Giornata da dimenticare per l'Italia quella di ieri. Se nella notte tra lunedì e martedì Standard&Poor's ha deciso di abbassare il rating (il voto di affidabilità finanziaria) al debito italiano, provocando l'ira di Silvio Berlusconi, nel pomeriggio a rendere più amara la pillola è arrivato il Fondo Monetario Internazionale che ha limato le stime di crescita dell'economia italiana. L'Italia ha spiegato l'organismo di Washington crescerà dello 0,6% quest'anno e dello 0,3% il prossimo, ovvero 0,4 e 1,0 punti percentuali in meno rispetto alle stime di giugno. Un rallentamento che colpisce l'intero pianeta. Ma che si riflette non poco sull'entità dei sacrifici chiesti agli italiani con la recente manovra d'agosto. Nonostante le misure prese dal governo siano importanti il pareggio di bilancio, previsto dal governo nel 2013, è rimandato a dopo il 2016. Un'analisi quella del Fmi non condivisa dall'Ue, seconda la quale «l'Italia ha fatto tutti i passi necessari per raggiungere gli obiettivi concordati con la Ue, tra cui il pareggio di bilancio nel 2013. È in linea con quanto concordato». Una diversità di vedute che continua a creare non pochi problemi di comunicazione verso i mercati. Un problema quello delle differenti voci chi si accavallano nella gestione della crisi che lo stesso rappresentante del Fmi Carlo Cottarelli ha evidenziato: «La cacofonia di voci nell'area euro crea incertezza. L'area euro ha un problema di comunicazione che deve essere gestito». Sta di fatto che la ricetta dell'organismo finanziario è sempre la stessa: «L'Italia può fare di più per aumentare il proprio potenziale di crescita, attuando riforme nei servizi e nel mercato del lavoro». Facile a dirsi, difficile ad attuarsi visti i recenti tentativi ad esempio per aumentare la concorrenza nel mondo delle professioni. Fin qui la botta del Fmi. Ma ad affondare la lama è stata ieri anche l'agenzia di rating Standard&Poor's che non paga del declassamento del rating del debito italiano portandolo ad «A» da «A+» ha annunciato, rivendicando l'indipendenza dei suoi giudizi, un possibile nuovo intervento al ribasso entro i prossimi 12 o 18 mesi. La decisione ha comunque urtato la suscettibilità dell'esecutivo italiano che non ha gradito il «downgrading». Il governo ha così replicato con una nota ufficiale: il rating del Paese viene abbassato per valutazioni «dettate dai retroscena» della stampa e non dalla realtà delle cose, fatta soprattutto di impegno e di solidità. All'esecutivo non sono andate giù le motivazioni con cui l'agenzia anglosassone ha spiegato il declassamento e quella «fragilità del governo» indicata da S&P's come limite della capacità del Paese di reagire e di dare risposte alla crisi. «Il governo ha sempre ottenuto la fiducia del Parlamento dimostrando così la solidità della propria maggioranza», ha commentato a caldo Palazzo Chigi, secondo cui «le valutazioni di Standard and Poor's sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche». La risposta del governo non è però piaciuta all'agenzia, che si è affrettata a controbattere, rivendicando la propria autonomia. «I rating sovrani di Standard & Poor's sono valutazioni apolitiche e prospettiche del rischio di credito fornite agli investitori», ha replicato da quartier generale di Londra, ribadendo che «i rating indicano come diverse iniziative politiche possono impattare l'affidabilità finanziaria». Nessuna marcia indietro dunque. Anzi. Madrid ha fatto in questi mesi meglio di Roma e senza un'accelerazione della crescita l'Italia rischia persino un nuovo taglio del rating da qui a un anno e mezzo al massimo. Il giudizio di S&P non ha portato danni incalcolabili alla Borsa di Milano. Mentre è rimasta altissima la tensione sui titoli di Stato italiani con lo spread Btp-Bund che ha toccato di nuovo i 400 punti base avvicinandosi ai massimi di agosto, prima di ripiegare in chiusura di giornata a 393 punti. Anche oggi la Bce ha acquistato titoli del Tesoro. E con lo spread in rialzo è volato a un nuovo record storico anche il rischio default dell'Italia percepito dagli investitori. I credit default swaps (cds), ossia i contratti con cui l'investitore si assicura contro il fallimento di un Paese, sono balzati a 520 punti.