Il Cav esce? L'Italietta resta
I giudizi della agenzie di rating, gli strappi nel centrodestra, le difficoltà dell’opposizione e le inchieste che colpiscono Berlusconi e il Partito democratico sono fatti apparentemente slegati. In realtà, hanno tutti una medesima matrice ed effetto finale. L’origine è nell’assenza di un assetto istituzionale chiaro nel Paese. Ponetevi un semplice quesito: chi comanda? Non Berlusconi che ha difficoltà a guidare le scelte dei suoi ministri, figuriamoci una maggioranza che ieri è andata cinque volte sotto in un’aula di assenteisti; non Napolitano il quale esercita al meglio il suo ruolo, ma pur sempre limitato; non i poteri forti che la crisi economica ha reso deboli; non i sindacati, in crisi di rappresentanza; non la Chiesa, «minoranza creativa» per lo stesso Papa; non la magistratura che ha la forza di distruggere ma non quella di creare. Tutti hanno il potere parziale del veto, nessuno quello pieno del governo. L’incertezza sul comando e le forme e i mezzi con cui si esercita, genera una paralisi totale. Il Paese è fermo e agli occhi di chiunque - pensate ai veti sulla manovra - appare irriformabile. Una preda ideale per gli speculatori e le agenzie di rating che stanno al tavolo da poker del mercato. Berlusconi è una tessera importante del puzzle italiano, ma non il mosaico intero fatto di materiali scadenti e disegni approssimativi. Il Cavaliere esce? L’Italietta resta.