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Pioggia di insulti per Manuela

Manuela Arcuri

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Facebook l'aveva esaltata, trasformandola in una paladina della resistenza anti-Cavaliere per quel suo rifiuto ad andarci a letto in cambio della conduzione del Festival di Sanremo. Ora Facebook la insulta senza nemmeno lo straccio di un po' di solidarietà femminile a farle da protezione. Manuela Arcuri è rimasta sola. Proprio lei che a marzo era stata nominata «volto femminile più rappresentativo d'Italia» nell'ambito di una ricerca condotta dall'associazione "Donne e qualità della vita". Lei che il comune di Porto Cesareo in provincia di Lecce aveva scelto come «simbolo di bellezza e prosperità» dedicandole una statua per ricordare le mogli dei pescatori locali (che, forse un po' gelose, ne avevano però chiesto la rimozione). Ebbene oggi Manuela, passata da santa a peccatrice dopo la pubblicazioni delle intercettazioni dell'inchiesta su Gianpaolo Tarantini, è sola. Neanche una donna che si alzi indignata per denunciare la barbarie cui l'attrice viene sottoposta. Una barbarie che domenica l'ha costretta a postare il seguente messaggio: «La mia bacheca è libera e resterà libera. Però non mettete post o commenti volgari, vi ringrazio!!». E allora uno si chiede che fino hanno fatto quelli che si stracciavano le vesti quando Silvio Berlusconi apostrofò Rosy Bindi definendola «più bella che intelligente». Quelli che, orgogliosi, indossavano magliette con la scritta «Non sono una donna a sua disposizione». Quelli che, quando il premier con una battuta, disse di avere lo «Ius primae noctis» sulle candidate, si stracciarono le vesti e tuonarono: «Meschino, volgare e maniaco» (copyright dell'Idv Leoluca Orlando). Perché non chiedono a tutti quelli che oggi insultano la Arcuri di smetterla? Perché non trovano altrettanto «volgari» commenti farciti di parolacce varie? Forse c'è qualcuno che non merita gli «insulti» del Cavaliere e qualcuno che, al contrario, merita quelli del resto del mondo. In fondo non è una novità. La difesa delle donne, a sinistra, è sempre stata a corrente alternata. Così, ad esempio, Pier Luigi Bersani si è potuto permettere di dare della «rompicoglioni» a Mariastella Gelmini perché, come spiegò la Bindi, si trattava di un «giudizio politico e non maschilista». E che dire dell'ironia di Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency, sulla crocerossina che durante la parata del 2 giugno aveva attirato l'attenzione del Cavaliere? Anche in quel caso i commenti che arrivarono su Facebook furono più che volgari e Strada, pur parlando di un «enorme equivoco», fu costretta a chiarirsi telefonicamente sia con il ministro Ignazio La Russa che con il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca. Si potrebbe continuare, ma forse vale la pena riprendere lo spirito con cui le promotrici spiegarono, alla vigilia, la manifestazione del 13 febbraio scorso sull'onda del Rubygate. Non una manifestazione «contro» altre donne per giudicarle o dividerle in buone e cattive. Ma una manifestazione di amici delle donne, per chiedere rispetto e dignità nei confronti dell'universo femminile. La stessa dignità che oggi Arcuri vede calpestata sulla propria pagina Facebook. E allora perché non organizzare una bella manifestazione ricca di indignazione? Se non ora, quando?

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