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Maroni è pronto alla scalata al partito

Roberto Maroni alla Festa dei popoli padani della Lega a Venezia

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La cravatta è verde. Ma non quello brillante che dovrebbe rievocare il colore della pianura Padana. Un verde scuro. Quasi grigio. È il colore della sobrietà. Il colore del nuovo corso della Lega. Quello che, più o meno velatamente, vorrebbe imporre Roberto Maroni. Ebbene sì, nonostante le continue smentite e gli innumerevoli atti di sottomissione al "capo" il ministro dell'Interno ha voluto anche ieri dal palco della Festa dei popoli Padani di Venezia dare un segnale di rottura con il passato e, forse, con quella parte di Lega che, morbosamente, circonda Umberto Bossi. E così il Maroni "bifronte" continua per la sua strada. Un cammino pericoloso condotto sul filo del rasoio dove un piccolo passo falso potrebbe metterlo fuori gioco. Eppure è un rischio che "Bobo" vuole correre. In ballo c'è l'ormai imminente successione al "capo" e per quell'occasione Maroni vuole essere pronto. L'obiettivo è chiaro: per prima cosa vincere quanti più congressi locali posizionando nelle varie sezioni il numero maggiore di "suoi" uomini. Questo gli permetterà, se si dovesse arrivare a scegliere il successore di Bossi con il voto degli iscritti, di poter contare su un numeroso esercito di sostenitori. Il secondo obiettivo è quello di mettere fuori gioco la squadra di fedelissimi del Senatùr, il cosiddetto "cerchio magico" che in questi ultimi tempi sta, a detta dei "maroniani", condizionando le scelte di Bossi senza che questo sia a conoscenza del reale stato delle cose. Una battaglia che continua da tempo ma che negli ultimi periodi si sta intensificando con un duro scontro interno soprattutto nei gruppi nordisti in Parlamento. Specialmente alla Camera dove i fedelissimi di "Bobo" sono numericamente più influenti rispetto ai "cerchisti" a tal punto da poter condizionale le scelte dell'intero Carroccio. Questo per esempio si è verificato quando si è votato per l'arresto del deputato del Pdl Alfonso Papa. In quell'occasione nonostante le rassicurazioni di Bossi a Berlusconi («la Lega non voterà»), Maroni riuscì a dettare la linea e l'ex magistrato, invischiato nell'inchiesta P4, finì in manette. E giovedì la storia potrebbe ripetersi solo che sul banco degli imputati questa volta ci sarà l'ex consigliere politico di Giulio Tremonti, Marco Milanese. Un uomo con una rilevanza politica all'interno della maggioranza tale che se la Lega dovesse tornare a votare per l'arresto si arriva a ipotizzare una crisi della maggioranza. Eppure Maroni sembrerebbe intenzionato a continuare per la sua strada. Sono i suoi a dirlo: «Non so che cosa deciderà di fare Bossi - spiega un parlamentare nordista - quello che è certo è che Maroni ci ha sempre detto che le accuse contro Milanese sono decisamente più pesanti di quelle contro Papa». Quindi tutto fa presagire che per l'ennesima volta il gruppo di sostenitori del ministro daranno un altro segnale ai "cerchisti" che invece vorrebbero portare avanti la linea dettata da Bossi: «A me non piace vedere la gente in galera». Tutto questo accade nell'ombra. Invece, alla luce del sole, come quello che splendeva inaspettatamente ieri a Venezia, "Bobo" è allineato. Prima coccola il collega Roberto Calderoli («Leggo sui giornali che io sono contro Calderoli e che Calderoli è contro di me. Sono tutte balle»). E poi, nonostante l'Umberto lo abbia quasi dimenticato nei ringraziamenti riducendo il suo apporto nel governo alla sola lotta ai clandestini («La ditta Bossi-Calderoli ha portato a casa il federalismo, Maroni fa la sua parte con gli immigrati»), riconosce al Senatùr di essere l'unico a poter decidere se la Lega deve o meno continuare a far parte dell'Esecutivo: «Per ora siamo ancora dentro le istituzioni e combattiamo la battaglia per il federalismo. Stiamo lì. Resistiamo. Almeno finché ce lo dirà Bossi: perché questo modo romano di far politica non è quello che ci ha insegnato Bossi». Poi però, appena finito il discorso ufficiale, e smessi i panni del fedele ministro, eccolo tornare alla carica. Dopo di lui al microfono tocca a Bossi. Attorno al "capo" si erano già schierati tutti i "cerchisti" a cominciare da Calderoli, Rosy Mauro, Marco Reguzzoni, Federico Bricolo e il sottosegretario Martini. Maroni tra loro non c'è. Si mette in disparte. Lontano. Così come scomparirà del tutto quando Bossi iniziarà a dare "benedizioni" con l'acqua del Po. Quella è non è la sua Lega. Quella è la Lega di chi indossa la canottiera o i pantaloncini corti. Maroni no. Lui preferisce la cravatta verde scuro.

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