Guerra tribale senza diritti
In un Paese normale, le cose andrebbero così: il presidente del Consiglio si presenta davanti ai magistrati e risponde alle domande. In un Paese normale. L'Italia non lo è. Silvio Berlusconi è oggetto di un subdolo disegno: farlo passare per vittima levandogli le garanzie di un imputato e poi, dopo averlo rosolato nella sua solitudine, senza un avvocato, trasformarlo nel bersaglio vero dell'accusa. Come spiega un documento dell'Unione Camere Penali, l'organismo associativo più autorevole degli avvocati italiani, a Napoli si sta consumando una vicenda in cui i pm «giocano al gatto con il topo». La vittima della presunta estorsione di Tarantini e soci è il vero obiettivo di tutto l'ambaradan investigativo da sexy shop. Si tratta di una questione di diritto che supera la persona di Berlusconi e mette sul piatto della bilancia l'equilibrio tra accusa e difesa. Un principio che viene calpestato ogni giorno nelle procure e nei tribunali italiani. La vicenda che riguarda il capo del governo è di una gravità estrema. La diffusione dei verbali che entrano ed escono da uffici giudiziari "groviera" è qualcosa che merita l'intervento del Consiglio Superiore della Magistratura. Silenzio. Sarebbe scandaloso far rispettare la legge prendendo come caso quello di un cittadino al di sotto di ogni diritto come Berlusconi. La distruzione di vite e storie personali è aberrante. Siamo piombati in un'era medioevale in cui l'occhio per occhio dente per dente è la regola. Berlusconi potrebbe anche lasciare Palazzo Chigi, ma la questione di legittimità di quest'azione resta. É un macigno e rischia di trascinare l'Italia in una guerra tribale.