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Caso Tarantini, il Cav: "Io non mollo"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Braccio di ferro tra Procura e premier

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Sempre più duro il braccio di ferro tra Silvio Berlusconi e la procura di Napoli. Il premier a sorpresa cambia il suo programma, cancella il viaggio a New York e rinuncia all'Assemblea generale dell'Onu. Decide invece di presentarsi in tribunale a Milano al processo per il caso Mills, che lo vede imputato di corruzione in atti giudiziari. Milano sì, Napoli no: un vero e proprio schiaffo ai giudici della procura napoletana, ai quali Il Cavaliere non ha nessuna intenzione di presentarsi se non accompagnato dai suoi legali e in qualità non di persona informata sui fatti, ma di imputato in un procedimento connesso, il Rubygate. Ad agitare Berlusconi in queste ore è la notizia di altre intercettazioni (800 pagine, dicono i bene informati). La fibrillazione è alle stelle, circola voce che il Cavaliere voglia attaccare (una conferenza stampa, un appello sul sito dei Promotori?). Poi il premier sceglie di parlare in una lettera-denuncia al 'Fogliò di Giuliano Ferrara, che esce a mercati ormai chiusi. «Io non mollo», «non ho mai fatto nulla di cui debba vergognarmi», è il suo grido. Il Cavaliere parla di un «incommensurabile scandalo» che non riguarda lui solo, ma «centinaia di persone esposte al ludibrio e al linciaggio, senza alcuna remora sia quando si tratti di gente comune o di personalità della vita pubblica, sia di questioni di bottega domestica sia perfino quando si tratti di vicende che determinano lo status del Paese sulla scena internazionale». Un esporre alla pubblica gogna che è «inaccettabile e persino criminale» e che si accompagna ad una «campagna di delegittimazione che punta a scardinare il funzionamento regolare delle istituzioni per interessi fin troppo chiari». «Ma l'obiettivo di distruggere un uomo politico e una leadership, usando mezzi impropri e di dubbia legalità, come ha fatto e fa il circuito mediatico-giudiziario - affonda ancora Berlusconi - costituisce un tentativo che sa di profonda, radicale ingiustizia e che va combattuto per la libertà di ciascuno di noi». Ecco allora l'appello del premier «a tutte le persone e le forze responsabili». «Io non mollo, caro direttore - sfida tutti il premier -. Per quanto lo spionaggio sistematico e l'accanimento fazioso mi abbiano preso di mira, e con me vogliano arrivare a pregiudicare l'autonomia e la sovranità del Parlamento e del popolo elettore, c'è ancora in questo Paese una maggioranza di italiani che non sono disponibili ad avventure e a nuovi ribaltoni decisi nei salotti, nelle redazioni e in certi ambienti giudiziari». Ed ecco anche Berlusconi che spiega al Foglio perchè Milano sì e Napoli no: «Non ho affatto intenzione di respingere una richiesta di testimonianza, che è mio interesse rendere, ma questa ha, così come congegnata, l'aria di un trappolone politico-mediatico-giudiziario. Pretendo però come ogni cittadino che i magistrati rispettino anche loro la legge. Da tre anni sono sottoposto a un regime di piena e incontrollata sorveglianza il cui evidente scopo è quello di costruirmi addosso l'immagine di ciò che non sono, con deformazioni grottesche delle mie amicizie e del mio modo di vivere il mio privato, che può piacere o non piacere, ma che è personale, riservato e incensurabile». «Il problema però - va avanti - è che da tre anni è in atto un mascalzonesco tentativo di trasformare la mia vita privata in un reato. Ed è questo uno scandalo intollerabile di cui nessuno sembra preoccuparsi e di cui nessuno si scusa». È scontro al calor bianco dunque con i pm napoletani, che a loro volta fanno capire al premier di essere pronti alla richiesta di accompagnamento coatto, di considerare insufficiente la memoria presentata, di non accettare di interrogarlo alla presenza dei suoi avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo nell'inchiesta sulla presunta estorsione ai suoi danni. 'Non cedo ai ricatti, il Csm deve intervenire sulle procure impazzitè, va ripetendo per tutto il giorno il Cavaliere, che liquida con un'alzata di spalle anche le parole di Umberto Bossi ("Troppo tardi il voto nel 2013"), dicendosi pronto al «giudizio dei cittadini, quando si terranno nel 2013 le prossime elezioni politiche».

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