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Parte lo «sciopero» dei sindaci

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.La storia della Seconda Repubblica potrà adesso raccontare anche del primo «sciopero» dei sindaci d'Italia. C'è chi si toglie la fascia tricolore, chi riconsegna simbolicamente le deleghe ai prefetti, chi chiude l'anagrafe e distribuisce volantini, chi scrive accorate lettere ai propri concittadini. In prima linea, Gianni Alemanno. Il sindaco di Roma non ha dubbi e scrive ai romani: «La città è in pericolo, oggi ho comunicato al prefetto e al ministro dell'Interno che Roma Capitale non è più in grado di garantire i servizi ai cittadini». Alemanno arriva a ipotizzare scenari apocalittici: «Se la manovra non cambia rischiamo di non trovare più bus e tram alle fermate o di pagare i biglietti 5 euro, rischiamo di dover abbandonare l'assistenza agli anziani e gli asili nido». La Capitale non è la sola a lamentarsi. A Torino è Piero Fassino in persona a distribuire i volantini della protesta davanti all'anagrafe. Il colore politico, insomma, non c'entra. I sindaci sono tutti in piazza. O quasi. Già perché all'appello mancano i rappresentanti leghisti, dopo il «no» alla protesta imposto da Umberto Bossi in persona. Tra i primi cittadini del Carroccio ce però una "ribelle", che ha deciso di scioperare comunque. È Sandy Cane, italo-americana che guida il Comune di Viggiù, piccolo centro montano del Varesotto. «Abbiamo appeso in municipio una lettera in cui spieghiamo quali conseguenze avranno i tagli (sbagliati) agli enti locali», dice. In realtà non ha chiuso gli sportelli del Comune, ma ha fatto in modo che il messaggio passasse come se lo fossero. E il governo è di nuovo al lavoro per placare l'ira di Regioni, Province e Comuni. «La prossima settimana il governo convocherà un primo incontro sul trasporto pubblico locale», riferisce il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto

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