Via libera alla manovra
Scontri a Montecitorio
La Camera ha approvato in via definitiva la manovra economica. I sì sono stati 314 e 300 i no. Il testo diventerà legge non appena sarà firmato dal Presidente della Repubblica. Con 316 sì e 302 no il governo aveva ottenuto la fiducia dell'Aula della Camera sulla manovra. Il via libera finale è arrivato dopo le dichiarazioni di voto in Aula alla Camera, "salutate" ruvidamente dal picchetto Cobas-Rsu che presidia, dietro transenne e blindati della Polizia, l'ingresso principale di Montecitorio. Numerose bombe carta sono esplose in piazza mentre sono stati lanciati fumogeni e oggetti. Le forze dell'ordine hanno effettuato una carica di alleggerimento. La fiducia della Camera è arrivata sullo stesso testo licenziato da Senato dove il decreto, approvato dal governo a ridosso di ferragosto per fronteggiare le forti tensioni sui mercati finanziari, è stato profondamente modificato raggiungendo quota 53,3 miliardi nel 2013, anno in cui si dovrà raggiungere il pareggio di bilancio. Tra le principali misure del provvedimento, un nuovo giro di vite sulle spese dei ministeri e degli enti locali, l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne, l'aumento dal 20% al 21% dell'Iva, il taglio delle agevolazioni fiscali, l'inasprimento della lotta all'evasione fiscale compreso il carcere per i grandi evasori, il contributo di solidarietà del 3% per i super ricchi e licenziamenti più facili. Presente alla Camera anche il premier Silvio Berlusconi, che ha raggiunto l'Aula di Montecitorio al termine del colloquio tenuto questa mattina al Quirinale con Giorgio Napolitano. Girandola di ordini del giorno approvati. Condono fiscale, condono edilizio, Ici sugli immobili della Chiesa, mamme prima in pensione, accordo con la Svizzera per colpire gli evasori. Persino uno spiraglio per la revisione dell'articolo 8 sulla libertà di licenziare. La Camera, obbligata ad approvare la manovra senza modifiche per evitare una terza lettura del Senato, ha introdotto una serie di integrazioni sotto forma di ordini del giorno. Sono richieste del Parlamento non troppo vincolanti, destinati però in molti casi a restare lettera morta. I desiderata dei deputati approvati sono stati alcune decine. Domenico Scilipoti, l'ex parlamentare dell'Idv passato con la maggioranza, è riuscito a farsi accogliere dal sottosegretario Giorgetti il suo ordine del giorno sul condono fiscale, provvedimento da controbilanciare con un potenziamento di Equitalia. Si ipotizza un condono edilizio per tutti gli abusi realizzati fino al 31 dicembre 2010 per una volumetria non superiore al 25% dell'esistente, anche se non aderente alla costruzione originaria. Nel rush finale della manovra è passato (285 sì, 185 no e 137 astenuti) anche l'ordine del giorno del Fli Enzo Raisi, che impegna il governo a far pagare l'Ici agli immobili della Chiesa destinati ad attività commerciali (librerie,circoli sportivi, ostelli ecc.). L'esenzione resterebbe solo per gli immobili destinati ad un'attività economica non esclusiva e con un giro d'affari inferiore ai diecimila euro all'anno. L'odg, inoltre, chiede l'apertura di un tavolo di confronto con la Santa Sede per arrivare alla piena adesione dello Ior, la banca vaticana, alle norme in materia di evasione ed elusione fiscale, riciclaggio e frodi vigenti nell'Unione europea. La Lega Nord è riuscita a spuntare un parziale successo sul tema delle pensioni. Si sa che i leghisti non avrebbero voluto portare a 65 anni l'età della pensione delle donne nel settore privato: un suo ordine del giorno approvato in serata concede un bonus alle donne con figli, un anno di sconto per ogni figlio avuto. Parere favorevole anche all'ordine del giorno del Pd sul'articolo 8 dell'ex ministro democratico Cesare Damiano. Il governo si impegna a valutare l'applicazione dell'articolo 8 "al fine di adottare iniziative normative volte a rivedere le disposizioni dell'articolo stesso e a redigere una norma integralmente conforme agli indirizzi, ai contenuti e alle finalità dell'accordo del 28 giugno 2011". Disco verde anche a un ordine del giorno dell'Idv che chiede di dar vita a un accordo bilaterale con la Svizzera per colpire i capitali che si trovano illegalmente sul suo suolo. Nel corso della seduta non sono mancate polemiche e proteste. Mentre il capogruppo leghista alla Camera, Marco Reguzzoni, pronunciava la sua dichiarazione di voto, tre uomini hanno srotolato dalle tribune del pubblico uno striscione in cui campeggiava la scritta: "Basta Lega, basta Roma, basta tasse". I contestatori sono ex militanti della Lega. Uno di loro è stato deputato: si tratta di Francesco Formenti, eletto per il Carroccio nella undicesima legislatura, dal 1992 al 1994. Immediato l'intervento del presidente della Camera Fini che ha chiesto ai commessi di far ritirare il manifesto di protesta. I tre sono stati condotti fuori mentre gridavano "Buffoni, basta!" e la seduta è ripresa regolarmente poco dopo. A margine del voto di fiducia si è tenuta una riunione di maggioranza tra i vertici del Pdl nell'aula del governo a Montecitorio. Presenti il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, il segretario del Pdl Angelino Alfano, i coordinatori Denis Verdini e Ignazio La Russa, oltre al capogruppo della Camera Fabrizio Cicchitto e al vicecapogruppo vicario del Senato, Gaetano Quagliariello. All'incontro ha partecipa anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni e, per alcuni minuti,nanche il capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni.