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La Lega salva Milanese

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LaLega cambia strategia: inaspettatamente abbandona il "tintinnar di manette" per dare seguito ad un ciclo politico apparentemente più garantista. Tutto ha avuto inizio ieri mattina quando, durante la riunione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, i due parlamentari del Carroccio, assieme ai 7 del Pdl e ai due tra Popolo e Territorio e il gruppo misto, hanno detto no all'arresto del deputato pidielle, Marco Milanese. Una proposta contraria al provvedimento restrittivo avanzata dal relatore Fabio Gava che ha ottenuto, invece, il voto contrario di tutte le opposizioni, e che il 22 settembre prossimo passerà in Aula per il voto definitivo. E sarà proprio in quell'occasione che la Lega si troverà di fronte a un bivio: da una parte dovrà decidere se portare avanti la stessa linea adottata il 20 luglio scorso quando parte del movimento, i cosiddetti maroniani, dissero «sì» alla richiesta di arresto del deputato del Pdl Alfonso Papa implicato nell'inchiesta sulla P4, dall'altra invece dovranno dimostrare se dare continuità alla decisione presa ieri in Giunta da Luca Paolini e Fulvio Follegot, e ribadire un secco «no» alla custodia cautelare per l'ex consigliere del ministro Giulio Tremonti. E sembra che la motivazione che ha spinto i Lùmbard a cambiare strategia sia proprio da ricercare nella diversità di ruoli di Papa e Milanese all'interno della maggioranza. Infatti, ascoltando il chiacchiericcio di palazzo è timore comune tra i leghisti che se dovesse saltare l'ex braccio destro di Tremonti, rischierebbe di saltare anche il governo e «adesso non è il momento di interrompere la legislatura, considerando sia la difficile situazione economica internazionale sia il malumore della base e le fibrillazioni interne al movimento». Un'ipotesi che l'Umberto ha voluto immediatamente smentire («Non penso che Tremonti rischi sul caso Milanese. Il ministro è una brava persona») facendo capire che l'orientamento è quello di salvare il deputato del Pdl dall'arresto anche giovedì prossimo. Del resto, lo stesso Senatùr è stato chiaro: «Devo ancora sentire il gruppo, ma i miei mi dicono che l'arresto è un po' una forzatura». La decisione finale, almeno per quanto riguarda la Lega, sarà presa nella riunione di gruppo che si terrà martedì prossimo a Montecitorio. In quella sede, sarà come sempre Umberto Bossi - viene riferito in ambienti parlamentari leghisti - a dare un'indicazione precisa alla quale tutti dovranno, o dovrebbero, attenersi. Ma il rischio di spaccature nel partito è dietro l'angolo, specie in questa fase "agitata" dentro il Carroccio, con i maroniani che potrebbero votare a favore dell'arresto di Milanese per tenere conto della "pancia" dell'elettorato leghista (qualche maroniano riferisce che il ministro dell'Interno valuta la situazione dell'ex consigliere di Tremonti peggiore di quella di Papa). Quindi sembra che la soluzione migliore per evitare ulteriori dissidi in casa leghista sarebbe lasciare libertà di coscienza ai deputati nordisti al momento del voto in Aula. Una via d'uscita che il Senatùr ha definito «possibile», specificando comunque che, in ogni caso «la Lega sarà compatta come sempre». Altra eventualità è che si chieda il voto segreto. Il capogruppo Marco Reguzzoni ha precisato che il Carroccio non lo richiederà. Ma tra i deputati leghisti non si nasconde il fatto che sarebbe preferibile lasciare non solo libertà di coscienza ma anche puntare sul voto segreto. «Una polemica inutile» per il finiano Nino Lo Presti dato che «se leggiamo il regolamento della Camera il voto segreto è comunque obbligatorio quando si decide sulla persona». Ecco così fornita ai leghisti la "copertura" per assestare un altro colpo alla maggioranza ma soprattutto per permettere ai nordisti di smarcarsi da quel declino di consensi che, secondo un sondaggio EMG, sta trascinando il Pdl a quota 27,3%.

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