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Lega contro l'arresto di Milanese, ma solo in Giunta

Marco Milanese

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Si è difeso a lungo, Marco Milanese. Sereno. Lucido, racconta chi lo ha ascoltato. «Contro di me c'è stato un vero e proprio massacro mediatico» ha spiegato l'ex braccio destro di Giulio Tremonti ai deputati che compongono la giunta per le Autorizzazioni. Stamattina i commissari decideranno sulla richiesta di arresto nei suoi confronti arrivata dal tribunale di Napoli, poi il 22 settembre toccherà all'Aula di Montecitorio pronunciarsi definitivamente sul caso. «Sono disposto ad accettare il processo anche subito, ma non l'arresto perché non ci sono i presupposti per la custodia cautelare» avrebbe detto il deputato del Pdl ai colleghi parlamentari. Milanese ha respinto più volte le accuse mossegli dall'imprenditore Paolo Viscione: ha agito per rancore personale - ha assicurato - perché non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo figlio a sindaco di Cervinara. Di questo - ha detto - il giudice non ha tenuto conto, i magistrati hanno dato credibilità alle accuse senza tenere conto dei riscontri. Alla domanda sulla circostanza dell'apertura delle cassette di sicurezza, che si sospetta abbia svuotato la mattina stessa dell'arresto di Viscione, Milanese ha ribattuto che si tratta di «una coincidenza non significativa: dell'arresto non sapevo nulla, lui era latitante. E se anche l'avessi saputo, perché sarei dovuto andare proprio quel giorno?». Milanese ha poi criticato l'invio in Giunta, da parte dei pm napoletani, dell'interrogatorio di Cosimo D'Arrigo, smentendo categoricamente l'accusa formulata dall'ex capo della Guardia di Finanza di essere il «referente esclusivo» dell'Arma, nominato dal ministro Tremonti, che «ha sempre creato problemi di ordine pratico - si legge nel verbale dell'interrogatorio - con complessivo rallentamento delle attività, dato che Milanese era preso da numerosi impegni». Come mai i magistrati hanno sentito solo D'Arrigo? ha chiesto l'ex braccio destro di Tremonti. Se aveva davvero tutti questi problemi con la GdF - ha insistito - non si riesce a capire «perché non ne abbia parlato con il ministro». Non è mancato neppure un passaggio sulla famosa casa di via dei Prefetti a disposizione del titolare dell'Economia: «Quell'appartamento l'avevo affittato molto tempo fa e siccome spesso non lo utilizzavo, ne avevo dato la disponibilità al ministro che mi pagava 1000 euro la settimana in contanti - ha ribadito - ci vedevamo tutti i giorni e non c'era bisogno di un bonifico. Ma con Tremonti - avrebbe poi precisato - ci diamo ancora del lei». Adesso la palla passa alla Giunta. Stando alle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei vari gruppi, i numeri sembrano dar ragione a Milanese. Il Pdl voterà compatto contro l'arresto, così come - per lo meno in Giunta - farà la Lega. Ai deputati del Carroccio, ha ammesso Luca Paolini, sarà lasciata, però, libertà di coscienza nel voto dell'aula. A favore dell'arresto i rappresentanti di Pd, Idv, Fli e Udc. Anche se i centristi in Aula voteranno «secondo coscienza». L'ultima parola, insomma, spetterà all'Aula. A preoccupare i garantisti convinti sono le possibili divisioni all'interno dei Lùmbard. Perché se è vero che Umberto Bossi si è lasciato andare a un significativo «a me non piace far arrestare la gente», è ancora viva nel ricordo di tutti la «scissione dei maroniani» che lo scorso luglio contribuì all'apertura dei cancelli di Poggioreale per il deputato Pdl Alfonso Papa. I più cattivi temono anche la presenza di alcuni "franchi tiratori" anche all'interno del Pdl. Votare contro Milanese per colpire Tremonti e screditarlo definitivamente: questa la tesi. Anche se, forse, fin troppo complottistica. In realtà è esattamente quello che desidera la Sinistra. Qualche esperimento giudiziario contro il governo - sperano - alla fine riuscirà.

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