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"Ispettori a Napoli per la fuga di notizie"

L'imprenditore pugliese Giampaolo Tarantini

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Un'inchiesta cadenzata da continue fughe di notizie che ne inquinano l'iter investigativo: l'uso strumentale ed extraprocessuale delle intercettazioni legate all'inchiesta della Procura di Napoli sulla presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi ordita da Valter Lavitola e dai coniugi Tarantini torna ad animare il dibattito politico. I deputati del Pdl Enrico Costa e Manlio Contento, con una interpellanza urgente, reclamano una ispezione ministeriale sull'operato degli inquirenti partenopei. L'iniziativa è legata alla pubblicazione su L'Espresso dell'intercettazione del 24 agosto scorso tra il presidente del Consiglio e Lavitola, nella quale il premier avrebbe consigliato all'editore dell'Avanti! di rimanere all'estero, evitando così di rientrare in Italia per chiarire la vicenda con i magistrati. Il rischio palesato dai due parlamentari del centrodestra è uno stillicidio di "spifferi" contro il Cavaliere, ipotizzando che «la fuga di notizie possa essere stata favorita in modo da danneggiare, attraverso il rilievo dato alle notizie, proprio la vittima dei reati contestati agli indagati, e cioé il presidente del Consiglio». La risposta del Guardasigilli è stata improntata alla massima correttezza istituzionale: il ministero avvierà accertamenti preliminari sull'operato dei magistrati campani. Al momento è escluso l'invio degli ispettori di via Arenula, ma sono state richieste alla Procura generale di Napoli informazioni scritte in merito alle recenti fughe di notizie. La stessa linea, Nitto Palma l'ha applicata anche per la Procura di Bari, riguardo i presunti ritardi nell'inchiesta D'Addario, per i quali l'ex pm Giuseppe Scelsi ha presentato un esposto al Csm. A Napoli, intanto, è stato aperto un altro fascicolo, per far luce sulle falle che avrebbero favorito la pubblicazione dello scoop sul settimanale del gruppo De Benedetti. Dall'interrogatorio di Gianpaolo Tarantini del 3 settembre scorso, invece, emerge l'insolita richiesta dell'indagato di ricevere dal trio formato dal gip Amelia Primavera e dai pm napoletani Francesco Curcio e Henry John Woodcock lo stesso trattamento a cui l'avevano abituato gli inquirenti baresi. Il racconto è dettagliato e il faccendiere fa riferimento esplicito ad un «accordo» con l'allora pubblico ministero che indagava sul filone escort, Giuseppe Scelsi. «Giusto per capire, la Procura di Bari - racconta l'imprenditore - a luglio 2009 esce tutta quella marea di caterve di cose contro di me, droga, prostitute, corruzione, etc.. Vado dal pm Scelsi, che allora era l'unico titolare dell'inchiesta e dico: "Voglio essere interrogato, voglio collaborare, voglio dire tutto". Mi siedo davanti a lui, faccio il primo interrogatorio di sei ore a luglio e parlo solo di prostitute e dico che erano prostitute, che io favorivo la prostituzione"». Gianpi inoltre ricorda anche il suo primo arresto, provvedimento caldeggiato dal procuratore capo Laudati, sul cui operato (per un presunto insabbiamento delle inchieste) indagano la Procura di Lecce e lo stesso Csm: «Io la richiesta di parteggiamento l'ho fatta a luglio 2009, prima che scoppiasse tutto il casino mio! Prima che fossi arrestato... Perché c'era un accordo - voi lo sapete, siete magistrati! - tra me e Scelsi, tra i miei avvocati ed il dottor Scelsi che era: io parlo e non mi arrestate, questo era l'accordo! Scelsi dice di sì, poi non so per quale motivo, a fine luglio 2009 questa posizione viene assolutamente superata, mi arrestano... Anzi mi arresta Laudati, non mi arresta Scelsi». La tempesta, intanto, investe anche il Cav. Martedì i pm dovrebbero recarsi a Palazzo Chigi per sentirlo in quanto parte lesa. La tentazione è quella di sottrarsi. Di non riconoscere la validità dell'inchiesta. Di non riconoscere una certa giustizia italiana. Anzi di denunciare, anche in sede internazionale, l'atteggiamento della magistratura italiana e l'abuso delle intercettazioni nel nostro Paese, la mancanza del rispetto della privacy, la «barbarie» di spiattellare conversazioni private sui giornali.

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