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I finiani fanno causa agli ex di An

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Il presidente della Camera Gianfranco Fini

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Ci risiamo. Riparte la guerra tra gli ex An. Quelli confluiti in Futuro e Libertà, e di fatto estromessi dalla gestione del patrimonio di via della Scrofa, rivendicano la loro parte. Insomma, chiedono i soldi. Vogliono la loro fetta, di denaro o di immobili. Si sentono espropriati e si preparano alla battaglia contro gli ex "camerati" rimasti nel Pdl. E si attrezzato alla guerra, civile perché finirà quasi certamente con una causa civile in tribunale che durerà anni come successe alla Dc, per esempio. Che si sia arrivati al cambio di passo lo ha scritto ieri, senza mezzi termini, in un post su facebook, Flavia Perina, ex direttrice del Secolo e deputata Fli: «Ho letto i verbali integrali delle intercettazioni di Lavitola (sul sito di Libero). Sto pensando che la vicenda di Montecarlo è molto più complessa di come immaginavamo. Quella vicenda ha consentito agli ex-colonnelli di appropriarsi di tutti i beni della ex-An, Secolo compreso, e di annettere alla causa del berlusconismo il colossale patrimonio messo insieme da tre generazioni di iscritti, sottraendolo a chi si era ribellato alla prepotenza del Cavaliere. Bisogna approfondire. Ci proverò». Segue una pioggia di commenti di fan e militanti, e allora Perina è costretta a specificare: «Oltre il giudizio etico (scontato) qui emerge una trama politico-spionistica che ha alterato i meccanismi democratici. L'affaire Montecarlo mirava a decapitare la presidenza della Camera. E comunque è servito all'"esproprio" dell'intero patrimonio del Msi e di An a vantaggio di La Russa, Matteoli e Alemanno che possono gestirlo senza più limiti e controlli». Altro dibattito infinito, e allora l'ex direttrice del giornale della destra è ancora più precisa: «Il 21 settembre (del 2010, ndr) il sito di El National, giornale di Santo Domingo, pubblica le informazioni (di Lavitola) sulla casa di Montecarlo. Il senatore Franco Pontone, amministratore perbene dell'intero patrimonio di An, sotto pressione da mesi per i veleni e le accuse, si dimette lo stesso giorno. L'intero patrimonio di An passa sotto il controllo dei kolonnelli. Dice niente la coincidenza?». Insomma, si mettono in discussione le modalità con cui la maggioranza di fede berlusconiana tagliò fuori dalla gestione i finiani, costituì un nuovo comitato di gestione, formò un nuovo consiglio di amministrazione del Secolo (togliendo al finiano Enzo Raisi la carica di amministratore unico) e nominò un nuovo direttore. Oggi il Secolo si definisce nella testata giornale «nel Pdl». Non è un caso che la tensione torni a salire proprio in questi giorni, quando è appena iniziata la festa di Mirabello e mentre si avvicina il 22 settembre, data ultima entro la quale le parti devono trovare un punto di incontro. E provare a stabilire, davanti a un giudice, un'intesa che metta tutti d'accordo su chi deve e in che modo mettere mano alla liquidazione dei beni di via della Scrofa. I finiani, infatti, hanno presentato un reclamo al presidente del Tribunale di Roma, Paolo Di Fiore, il quale in verità già si è espresso, rigettando la richiesta di nominare dei liquidatori.   In pratica, veniva sollecitato una sorta di commissariamento, che il Tribunale non ha accettato, pregando piuttosto le parti di trovare un'intesa bonaria. Che, vista l'aria, appare quantomeno improbabile. Al momento. Poi tutto può accadere. La fotografia della situazione ad oggi sembra però chiara: se fallirà la mediazione, i finiani procederanno con una causa civile che si preannuncia in salita lunga e tortuosa. E soprattutto dolorosa. I tempi, d'altro canto, sono stretti. Entro la fine dell'anno deve essere costituita la fondazione di An e subito dopo bisognerà procedere alla liquidazione del partito. A quel giorno ci si arriverà con morti e feriti.

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