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E Tedesco prepara lo sgambetto

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Il senatore uscito dal Pd lavora alla ricostruzione dei «Socialisti autonomisti»

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Trale ipotesi in campo, che verranno discusse in una riunione nei prossimi giorni a Bari, c'è la definizione di un differente rapporto con l'attuale maggioranza. Tra gli scenari prefigurati è stata già vagliata anche la ricostruzione del partito dei «Socialisti autonomisti» (il vecchio simbolo aveva un garofano rosso), nelle cui fila fu eletto durante la prima tornata regionale che sancì la vittoria di Nichi Vendola, nel 2005. Il senatore, sbarcato a Palazzo Madama nelle liste del Pd e attualmente iscritto al gruppo Misto dopo le note vicende legate alla Sanitopoli nelle quali è implicato, non ha affatto digerito l'atteggiamento «forcaiolo» da parte dei Democrat ed ha dedicato il mese di agosto ad un lavoro di ascolto e raccordo della sua base, registrando nuove adesioni alla sua componente anche da ambienti transitati per Sinistra e Libertà. Al momento può contare su decine di consiglieri comunali dal Tavoliere al Salento e su due consiglieri regionali Democratici, Antonio Decaro (capogruppo) e Filippo Caracciolo. Tedesco non può dimenticare le dure dichiarazioni rilasciate nei suoi confronti dai vertici del Pd («non mi hanno nemmeno chiamato come si fa con una colf»), in primis quelle del presidente Rosy Bindi, che in piena bagarre parlamentare sulla richiesta di arresto, lo aveva invitato a dimettersi. Ai suoi ex compagni ha rimproverato l'innegabile doppia morale: da un lato reputavano la sua origine socialista una diminutio («Se si è socialisti, si è delinquenti per definizione»), ma allo stesso tempo "gradivano" il bonus legato al consenso elettorale degli ex garofani rimasti a sinistra. E se le repliche a caldo contro i suoi detrattori sono state ad alzo zero Tedesco adesso è spettatore interessato e silenzioso delle recenti cronache giudiziarie riguardanti l'inchiesta su Filippo Penati, eloquente dimostrazione della fragilità della tesi che affermerebbe una supposta superiorità morale degli ex comunisti sugli altri protagonisti della politica italiana. In una intervista a La Stampa, l'esponente socialista aveva rivendicato il suo prezioso apporto alla sinistra, con una formula che sapeva già di commiato: «Non ho nulla da rimproverarmi nei confronti del Pd. Da vent'anni alle elezioni in Puglia io e i miei candidati prendiamo tra i 48 e i 50 mila voti. Se si tolgono 50mila voti dalle liste del Pd nel 2008, perde un senatore e un deputato. E senza i miei voti De Castro (esponente di area dalemiana ndr) non sarebbe stato eletto all'Europarlamento». Non bisogna essere fini analisti elettorali per immaginare che il margine di vantaggio del centrosinistra in Puglia, dopo la sua defezione, è destinato di colpo ad assottigliarsi considerevolmente.

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