Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Casta Italia

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

Manovrare con i decreti, cercando di mettere in equilibrio i conti pubblici, salvo modificarne i contenuti in corso d'opera e reintervenire dopo poche settimane, non è una condotta ammirevole. Lo abbiamo scritto e non abbiamo risparmiato le critiche, posto che le correzioni da ultimo ideate sono migliorative. Ma è anche vero che questo è un Paese balzano, ove prima si strilla al cielo per il terrore di quel che può accadere, poi ci si lamenta per qualsiasi provvedimento sia adottato. Mi colpisce, in tal senso, che quasi tutti i giornali affermino che il governo, correggendo il decreto, ha messo le mani sulle pensioni. Il Corriere della Sera ha lanciato anche un sondaggio presso i propri lettori, ponendo loro questa suggestiva domanda: “Condividete la nuova manovra che prevede interventi sulle pensioni e sul riscatto della laurea e del militare?”. Provate a immaginare le risposte. Il fatto è che le pensioni andrebbero sì toccate, ma alzando l'età per andarci e smettendola di pensare solo a chi s'avvicina alla fine della propria vita lavorativa, fregandosene di chi, invece, la sta iniziando e una pensione non la vedrà mai. Sono tutti bravi a dar lezioncine di rigore, poi si prende una decisione alla camomilla, contabilizzando gli anni della laurea e del servizio militare (come se fossero stati anni di lavoro) ai fini dei conteggi pensionistici ma non dell'anzianità, e subito si solleva il coro dolente dei diritti acquisiti violati. Ma se non si può fare manco questo allora rassegniamoci a non riformare mai un bel niente. Il che vale anche nel caso in cui a qualcuno venga in mente di considerare illegittimo il provvedimento, perché viola il patto stipulato con chi ha già pagato per riscattare quegli anni. Ciò dimostrerebbe l'imperizia tecnica di chi ha steso l'emendamento, non l'ingiustizia del suo contenuto. Ed è così per tutto, dalla sanità alla scuola, dal mercato del lavoro al pubblico impiego: tutti si lamentano della situazione attuale, ma poi si cerca disperatamente d'impedire che cambi. E la spiegazione è semplice: siccome nessuno fa più politica (vera), nessuno s'incarica di dire chiaramente che i debiti vanno pagati e che ci sono privilegi cui si deve rinunciare, nessuno sa spiegare che l'egoismo generazionale ha un limite ed è stato superato, va a finire che gli interessi generali restano senza rappresentanti e ciascuno si ribella quando vengono toccati i propri vantaggi, la propria condizione. Quindi le reazioni sono sempre di protesta e mai di consenso, sempre rivolte alla conservazione e mai alla riforma. Si può sostenere che questo mondo politico se lo merita, ed è probabilmente vero, ma il prezzo di tanta cocciuta resistenza ai cambiamenti lo pagheremo tutti, anche se ciascuno s'illuderà di avere ingannato gli altri, scansando da sé il dovere di fare il necessario. L'insieme condito con un tripudio d'incoerenza e demagogia, talché chi chiede gran rigore poi si preoccupa di sollecitare e raccontare il plebiscito contro due cosucce da niente.  

Dai blog