Scajola indagato a Roma
Il 4 maggio 2010, in una conferenza stampa convocata per annunciare le sue dimissioni da ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola aveva puntato il dito contro un accanimento mediatico che prendeva spunto da «un'inchiesta giudiziaria in cui non sono indagato». Poi aveva aggiunto: «Un ministro non può sospettare di abitare in una casa pagata in parte da altri. Se dovessi acclarare che la mia abitazione nella quale vivo a Roma fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto, l'interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l'annullamento del contratto di compravendita». Quella casa pagata in parte a «sua insaputa», 200 metri quadrati a due passi dal Colosseo, sembrò nell'immediato una «pietra tombale» sul futuro politico dell'esponente Pdl. Per i magistrati era tutto fin troppo chiaro: Scajola aveva sottopagato l'appartamento (poco più di 600mila euro) e la differenza con il prezzo ufficiale (900mila euro), versata dall'imprenditore Diego Anemone attraverso l'architetto Angelo Zampolini, era il frutto di un illecito. Eppure, dopo un anno di indagini, la procura di Perugia non aveva trovato nulla a carico dell'ex ministro. Così, lo scorso 5 maggio, lo aveva escluso dalle 19 richieste di rinvio a giudizio. Una piccola rivincita per il deputato che infatti aveva commentato: «Mi sono sempre proclamato totalmente estraneo a questa vicenda. Oggi, la chiusura dell'inchiesta lo conferma in modo ufficiale e definitivo». «Definitivo» non era l'aggettivo esatto. Ieri, infatti, la procura di Roma ha iscritto Scajola nel registro degli indagati proprio in merito all'abitazione di via del Fugatale. L'accusa è di finanziamento illecito ai partiti. Il fascicolo, a quanto si apprende, chiama in causa il solo Scajola ed è il «frutto» di verifiche e ulteriori indagini nate sulla base degli atti trasmessi dalla procura di Perugia. «Apprendo dalle agenzie che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo su una vicenda per la quale la Procura di Perugia, dopo un anno e mezzo di indagini, non ha ritenuto di dovermi indagare - è stato il commento a caldo dell'ex ministro -. Attendo, comunque, con la stessa serenità e la medesima riservatezza che hanno sinora contraddistinto il mio comportamento, che i magistrati romani portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà certamente chiarita la mia estraneità ai fatti». Una posizione ribadita anche dall'avvocato difensore di Scajola Giorgio Perroni: «Prendiamo atto dell'iniziativa della procura di Roma ed attendiamo serenamente che i magistrati facciano il loro lavoro convinti che tutto sarà chiarito». E il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, a Ferrara per partecipare alla festa del partito a Pontelagoscuro, non ha perso l'occasione per una battuta sulla vicenda: «Scajola, Berlusconi, Verdini, Milanese. Noi chiediamo sempre le stesse cose che la magistratura venga lasciata tranquilla, che non ci si metta al riparo di legislazioni speciali e che chi è colpito da una indagine e svolge delle funzioni faccia un passo indietro. Queste cose le chiediamo a loro, come le chiediamo nei nostri codici etici e nella legge sui partiti che abbiamo proposto».