"Penati rinunci alla prescrizione"
La questione morale rovina la Festa nazionale del Pd. Aumentano i compagni che chiedono a Penati di rinunciare alla prescrizione: dal rottamatore Matteo Renzi che in un'intervista al Corriere della Sera ieri ha dichiarato di non avere «mai creduto alla diversità etica» perché «la differenza è tra chi scappa davanti ai giudici e chi si difende», al candidato del Pd alle ultime elezioni comunali milanesi Stefano Boeri che invoca una «rigenerazione» del partito. Passando per Luigi Berlinguer, presidente della commissione interna di garanzia che propone un nuovo statuto «per una più chiara definizione del principio di correttezza di un politico». Di fronte agli appelli (quasi) disperati che continuano ad arrivare dalla base e soprattutto dai «quadri» del partito, sabato Pier Luigi Bersani aveva detto che la rinuncia alla prescrizione da parte di Penati sarebbe dovuta essere una scelta personale. Diplomazia che il segretario del Pd non intende abbandonare. «In uno stato di diritto la scelta» se rinunciare o meno alla prescrizione «va lasciata alla persona e ai collegi di difesa, come partito possiamo dire che le prescrizioni non ci piacciono, anche se si parla di cose, di 7-10 anni fa, perché vorrei che su queste vicende non ci fossero ombre e si arrivasse alla verità», ha detto ieri alla festa del Pd di Pontelagoscuro a Ferrara. Per quanto riguarda invece la questione relativa ad una eventuale espulsione, Bersani ha precisato che «sono meccanismi affidati allo statuto e alla commissione di garanzia che è al lavoro, si farà un'opinione e ci dirà. Noi non intendiamo interferire in nessun modo con la magistratura, perchè abbiamo un profilo etico che ci interessa preservare». Meglio, intanto, rispolverare il vecchio adagio «la miglior difesa è l'attacco». Ieri a Ferrara, infatti, Bersani non ha resistito e alla fine ha tirato in ballo il Cavaliere: «Se Berlusconi avesse fatto, quando è stato indagato, i passi indietro che ha fatto Penati, a quest'ora, da qua, sarebbe a Comacchio». Stessa musica suona il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini che ieri, seduto con Bersani sul palco di Ferrara, ha definito la rinuncia alla prescrizione «giusta e positiva, ma è l'individuo che deve decidere: se si distingue, come ha fatto giustamente Penati, il percorso personale da quello del Pd, il Pd non può dirgli cosa fare». Nel frattempo a Milano l'onda lunga della tempesta giudiziaria che si è abbattuta sull'ex presidente del Consiglio regionale lombardo rischia di travolgere anche la giunta Pisapia. Caso vuole che a Pierfrancesco Maran, un pupillo di Penati inizialmente destinato all'assessorato dello Sport, siano poi arrivate le deleghe ai Trasporti e all'Ambiente. Una nomina diventata «sospetta» alla luce di un sms, nella mani dei pm di Monza, che Penati ha ricevuto il 13 giugno, 48 ore dopo la composizione della giunta, da Antonio Rugari, presidente del Consorzio che gestisce la rete di autobus dei Comuni a nord di Milano. Il testo fa riferimento al contenzioso milionario aperto fra il grande accusatore Piero Di Caterina e Atm: «Considerato come è andata a Milano credo si possa tentare di risolvere la questione di Piero, prima che si vada oltre certi limiti e degeneri». Tanto basta per scatenare il fuoco «amico» dell'Italia dei Valori (esclusi dalla composizione della giunta) mentre il Pdl chiederà in Consiglio comunale le dimissioni dell'assessore «penatiano». Nel pieno svolgimento della sua Festa nazionale a Pesaro, il Partito democratico si trova così ad affrontare i forti mal di pancia interni insieme agli attacchi del centrodestra, pronto a restituire in campo giudiziario tutto ciò che ha riguardato le inchieste sul premier.