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La soluzione alla crisi: due diverse valute euro

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non avrebbero potuto convivere sotto lo stesso ombrello dell'euro con i più giovani, divoratori di carte di credito e spensierati spendaccioni irlandesi, greci e spagnoli. Ma ora che la crisi del debito sovrano europeo sta facendo traballare i mercati mondiali, spingendo l'euro al ribasso, le sue teorie sono diventate lettura obbligata anche per gli artefici della politica della Casa Bianca. Hugh è corteggiato perfino dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che nel 2010 gli ha chiesto di volare a Madrid per assisterlo nella sua analisi dell'economia spagnola. In queste ultime settimane ha pubblicato uno studio approfondito sulla crisi dell'euro e sugli scenari futuri. Compresa la possibilità di abbandonare la moneta unica e introdurre il doppio euro. Hugh esordisce citando Lorenzo Bini Smaghi, membro del consiglio esecutivo della Banca centrale europea, che a sua volta ha recentemente evocato la famosa battuta di Winston Churchill, «Si può sempre contare sul fatto che gli americani faranno la cosa giusta - dopo aver provato tutto il resto». È troppo presto per dire se ciò che decideranno anche i leader europei alla fine sarà la «cosa giusta», ma almeno adesso sembra esserci una consapevolezza generale che si avvicina un momento cruciale. Tra le opzioni che ora vengono apertamente sostenute e discusse vi è una misura impensabile un anno fa: terminare l'esperimento durato tredici anni di un'Europa con una moneta unica. Perché, sottolinea Hugh, «la crisi attuale è una crisi esistenziale, che, se non verrà risolta rapidamente diventerà una questione di vita o di morte per la moneta unica». Del resto la stessa progettazione iniziale dell'Euro non conteneva «alcun meccanismo di prevenzione o risoluzione delle crisi e nessuna previsione di responsabilità per quando le cose sarebbero andate male». Detto in altri termini, «il progetto conteneva sin dall'inizio tutti i meccanismi per creare i problemi, ma pochi di quelli che sarebbero necessari per risolverli». Normalmente, la soluzione classica in questa situazione sarebbe stata una sorta di svalutazione, ma ovviamente questi paesi non hanno una moneta da svalutare. Un'altra possibilità potrebbe essere un tipo di «svalutazione interna», processo che è stato sperimentato nei paesi baltici, e una serie di macroeconomisti (Hugh compreso) l'hanno sostenuto, ma la completa mancanza di qualsiasi tipo di risposta positiva rende anche la fattibilità di questo approccio difficile contemplare, e comunque, la deflazione sistematica in molti casi rende il problema del debito ancora peggiore. Così l'euro ora si trova a un bivio, e devono essere prese decisioni importanti. Ma quali? Preservare l'Eurozona come è ora? La strada sarebbe percorribile «solo se fosse possibile trasformarla in una piena unione fiscale in cui la politica di bilancio venisse coordinata da una tesoreria centrale, nel modo in cui lo sono i programmi principali tra gli stati negli Stati Uniti. Ma un tale accordo è ora un'impossibilità politica, in quanto le economie europee del centro inevitabilmente rifiutano quella che verrebbe vista come un'unione di trasferimento permanente tra le regioni ad alta crescita ed i loro vicini più poveri». Creare gli Eurobonds? «Da soli non risolverebbero il problema a questo punto, anzi potrebbero anche peggiorare le cose, indebolendo i ratings sovrani del centro». Così, con l'unione fiscale fuori dal tavolo, ci sono tre possibilità. La prima è ancora quella di rimanere più o meno dove siamo ora, mantenendo o anche espandendo il programma di acquisto di bond da parte della Bce. Il fondo di stabilità potrebbe essere aumentato, ma più i numeri cominceranno ad essere specificati nel dettaglio, più i vari partiti saranno lontani dal raggiungere un accordo. La Bce raggiungerebbe così un tetto massimo oltre il quale sarà più che riluttante a continuare ad acquistare, pretendendo soluzioni dai politici. Ma poiché le esigenze combinate di rifinanziamento sovrano di Italia e Spagna tra ora e la fine del 2012 ammontano a un totale di qualcosa come 660 miliardi di euro, raggiungere un accordo politico per ampliare il meccanismo di salvataggio di questa portata appare come un risultato piuttosto improbabile. Così ad un certo punto gli spread sul mercato inizieranno ad ampliarsi, con l'inevitabile risultato che l'unione monetaria sarà spinta verso una fortissima crisi. La seconda possibilità sarebbe quella di sciogliere l'unione del tutto, lasciando che tutti tornino alla propria valuta nazionale. Coordinare lo svolgimento delle passività incrociate tra paesi sarebbe però un incubo visto il livello di incastro nei mercati delle obbligazioni societarie e sovrane, e la scomparsa improvvisa di una delle principali valute di riferimento globale causerebbe il caos nei mercati finanziari. Il dollaro molto probabilmente sarebbe spinto a livelli insostenibilmente alti nella corsa verso la sicurezza. Basta guardare a ciò che sta accadendo con l'oro, il franco svizzero e lo yen giapponese per avere un'idea di quello che accadrebbe. Fortunatamente, sottolinea Hugh, c'è una terza alternativa: la zona euro potrebbe essere divisa in due, creando due diverse valute euro. La Germania sarebbe il cuore di un gruppo, insieme a Finlandia, Olanda e Austria. Inoltre gli Estoni, anche loro potrebbero essere in corsa. Spagna, Italia e Portogallo naturalmente formano il nucleo del secondo gruppo, con la Slovenia e la Slovacchia come possibili candidati. Alcuni paesi, come Irlanda e Grecia per esempio, potrebbero semplicemente scegliere di uscire. L'incognita principale è cosa farebbe la Francia. Per molti versi appartiene al primo gruppo, ma i legami culturali con l'Europa meridionale e le ambizioni politiche sul Mediterraneo potrebbero far sì che il paese decida di condurre il secondo gruppo. Naturalmente se non si trattasse di un divorzio definitivo, ma di una separazione temporanea, la partecipazione francese con il Sud avrebbe anche un sacco di ragioni politiche. Il termine «asse franco-tedesco» guadagnerebbe un significato completamente nuovo. Nessuno conosce i valori a cui le due nuove valute opereranno inizialmente, ma Hugh tenta un esperimento: supponiamo un Euro1 a circa 1,80 dollari (attualmente a circa 1,40), e un Euro2, a circa 1 dollaro. Nel breve termine i vincitori di questa operazione sarebbero i membri di Euro2, che otterrebbero la svalutazione delle loro economie così tanto desiderata. Perché questo? In un momento in cui i paesi interessati sono carichi di debiti e la domanda interna è relativamente debole, la crescita delle esportazioni è l'unico modo per le loro economie di andare avanti, e il cambiamento farebbe scendere i costi di produzione e del lavoro, dando loro una spinta enorme in questa direzione. Il problema è che molti di quei paesi uniti per formare l'Euro1 dipendono dalle esportazioni per la sussistenza, e i loro produttori improvvisamente e bruscamente si troveranno in svantaggio. In particolare, ne soffrirebbe la Germania. Tuttavia, supponendo che ad un certo punto tutti si trovino d'accordo che le disposizioni attuali sono impraticabili, e che tornare alle singole valute nazionali sarebbe un disastro, allora il senso di responsabilità tedesco e l'impegno del paese per il progetto europeo potrebbe rendere sopportabile l'accettazione di una sorta di sacrificio. Il vantaggio che l'opzione dell'euro diviso ha rispetto a tutte le altre proposte sul tavolo in questo momento è che affronterebbe di petto il problema della crescita. I paesi alla periferia dell'Europa potrebbero tornare a crescere, la percentuale del debito contratto durante il periodo precedente che essi saranno in grado di ripagare aumenterebbe in modo significativo. Non solo. Secondo lo studio di Hugh non servirebbero decisioni «di principio» sulla struttura a lungo termine del sistema finanziario europeo. La Bce potrebbe essere mantenuta come camera di compensazione per il disordine finanziario in corso, e le attuali banche centrali nazionali possono essere raggruppate in due distinte sotto-entità. Ciò lascerebbe aperta la possibilità di riconvergenza in un secondo momento. Il primo tentativo di creare una unione monetaria non è riuscito, ma questo non significa che ogni possibilità di crearla in futuro dovrebbe essere abbandonata. Non ci sono altre alternative che avanzare, poiché non è possibile rimanere dove si è. Perché, come ha detto una volta l'economista JK Galbraith: «La politica consiste nello scegliere tra il disastroso e lo sgradevole. Voler vedere il disastro incombente prima di scegliere lo sgradevole è una strategia pericolosa».

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