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Quattro «fatture» da circa 620 mila euro l'una e una «richiesta» di altri «2 miliardi di lire», per un totale di quasi 3,5 milioni di euro.

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Nell'affareimmobiliare sull'area ex Falck, infatti, come spiega il gip di Monza Anna Magelli, «tra le condizioni previste dai politici» c'era anche «l'ingresso delle cooperative». E nell'ambito «delle trattative», si legge ancora, Pasini accettò «di garantire a Penati non solo il pagamento di somme di denaro (stando alle indagini, versò una tangente da 4 miliardi di lire a favore dell'ex presidente della Provincia di Milano, ndr), ma anche altre utilità come per l'appunto l'affidamento di parte delle opere residenziali a soggetti terzi, notoriamente vicini politicamente all'amministrazione comunale». Ossia, quelle cooperative che Pasini, in un interrogatorio, definisce «il braccio armato del partito» e con le quali «non era opportuno litigare». Se infatti, come spiega Diego Cotti – consigliere comunale quando Penati era sindaco a Sesto e sentito dai pm nel marzo scorso – Pasini apparteneva alla «categoria» degli imprenditori locali e quindi «più gestibili, cioè in condizione di poter essere condizionati nelle loro scelte dal potere politico», alle «cooperative emiliane» spettava il ruolo di «figure» «più strutturate e più vicine al partito». Pertanto, si legge nelle carte, Giuseppe Pasini e il figlio Luca «prima di incontrare i Falck si incontrarono con i rappresentanti delle cooperative». Luca Pasini poi «conobbe Francesco Agnello, che venne presentato da Degli Esposti, da Salami o da Vimercati (l'ex braccio destro di Penati) come anello di congiunzione tra la proprietà Falck, l'amministrazione pubblica, le cooperative ed il gruppo Pasini», nonché come «persona che era in stretti rapporti con Penati». Luca Pasini, sentito dai pm, ha raccontato inoltre che gli uomini delle cooperative dissero di non aver «soldi» per entrare nell'affare, «ma che comunque loro si ritenevano nostri soci per almeno un anno» e che si sarebbero occupati «dell'edilizia convenzionata». I pm hanno acquisito, «a riscontro dei rapporti economici tra Pasini e Francesco Agnello», due «scritture private datate 13-2-2001» stipulate tra Pasini e «la società Gruppo Aesse srl». E poi fatture emesse anche dalla «Fingest srl, società quest'ultima anch'essa riferibile alle cooperative emiliane, la quale in data 12-10-2003 ha inviato a una società del Gruppo Pasini (San Clemente srl) la richiesta di autorizzazione ad emettere fattura per l'importo di 2 miliardi di lire». Tracce di pagamenti per un totale di circa 3,5 milioni di euro da Pasini verso le cooperative con un «fattore comune»: le società, stando alle indagini, non avrebbero erogato «alcuna prestazione a fronte dei pagamenti». Le cooperative, secondo i pm, avrebbero fatto parte di quel «sistema Sesto» che, dal '94 al 2010, si sarebbe incentrato su una vasta «rete di relazioni» e su un giro vorticoso di mazzette: i pm ipotizzano che Penati o il suo ex braccio destro Vimercati abbiano ricevuto tra gli 8,5 e i 9 milioni di euro. Due milioni di euro almeno, sempre secondo i pm, Penati li avrebbe usati per finanziare illecitamente il suo partito, reato a lui contestato fino «al dicembre 2010». Intanto, oggi nel carcere di Monza il gip Magelli interrogherà l'ex assessore all'edilizia di Sesto, Pasqualino Di Leva, e l'architetto Marco Magni, finiti in carcere giovedì scorso per corruzione.

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