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Gli sfidanti della terza Repubblica

Il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo

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«Se entrasse in politica lo appoggerei». Sergio Marchionne, torna al Meeting di Rimini e a sorpresa dà la sua investituta a un progetto che sta diventando qualcosa di più di un'ipotesi da fantapolitica estiva. Mai prima d'ora l'amministratore delegato della Fiat si era espresso in modo così esplicito sulle voci che ruotano attorno al possibile impegno politico di Montezemolo. Finora il manager del Lingotto aveva liquidato questa ipotesi limitandosi a dire di avergli sconsigliato un passo del genere. Ma è evidente che lo scenario è cambiato. Sono due settimane che gli interventi di Montezemolo si fanno più serrati. E non si tratta solo di critiche ma di proposte concrete sui temi delicati della manovra economica. Troppo per non far pensare, anche ai più scettici, che non ci sia un progetto, una prospettiva. Il sostegno di Marchionne arriva a ridosso dell'intervento di Montezemolo che domenica scorsa a Cortina Incontra ha prospettato l'arrivo «di un'offerta politica nuova». I tempi si sono accelerati e la dichiarazione esplicita di appoggio del mega manager della Fiat dà all'iniziativa del presidente della Ferrari più contenuto. Insomma i cosiddetti «poteri forti» stanno uscendo allo scoperto dimostrando di credere e soprattutto di voler sostenere Montezemolo che appare sempre più come l'antitesi di una classe politica pachidermica e litigiosa. Marchionne ha parole di elogio per il presidente della Ferrari. «Ha fatto un lavoro straordinario con la Ferrari. So che a livello internazionale è conosciuto, ha una grandissima credibilità. Poi se queste capacità sono disponibili e applicabili alla gestione del paese è una domanda a cui deve rispondere Luca. Per me è una persona che apprezzo e continuo ad apprezzare». Infine sottolinea la «grande capacità di creare delle grandissime squadre in grado di vincere e l'Italia ha bisogno anche di questo». Come dire che ha il pedigree adatto per essere all'altezza della sfida politica. Sostegno sì ma non coinvolgimento in una squadra politica. Marchionne infatti è pronto a rispondere con un secco no a chi gli chiede se sarebbe disposto a fare il ministro dell'Economia. «Mai» dice netto. Poi il top manager Fiat passa al setaccio la manovra; boccia l'aumento dell'Iva («Qualsiasi aumento delle tasse avrà un impatto sull'auto e sui consumi») ma apre alla patrimoniale sugli alti redditi proposta da Montezemolo («Sono disposto a fare qualsiasi cosa per aiutare, se l'obiettivo è chiaro»). Punta il dito sulla situazione di incertezza che ostacola gli investimenti. «La voglia di fare e di continuare a investire c'è ma servono certezze perchè la Fiat si fa finanziarie dai mercati internazionale e per questo deve garantire gli interessi da pagare». Dice chiaro e tondo che «da multinazionale quale la Fiat è vuole cercare di portare lavoro in questo Paese utilizzando la base operativa e le capacità professionali di questo Paese. Ma solo quando avremo la certezza di poter governare i posti in cui investire lo faremo». Paorle rilanciate dal presidente della Fiat John Elkann: «Fiat continuerà a fare auto ma bisogna vedere se l'Italia ha voglia di fare auto». Sul fronte interno del Lingotto Marchionne afferma che i target della Fiat «per ora rimangono confermati: non li rivedremo finchè non chiudiamo il terzo trimestre». Ribadisce che non c'è intenzione di aumentare il capitale sociale e smentisce le ipotesi circolate su un quotidiano in merito al quartier generale del Gruppo auto in Olanda. Non nega che le previsioni sul mercato dell'auto siano pessime: il 2011 sarà al livello più basso dal 1996 e sarà intorno a un milione 700 mila vetture. Come dire che a fronte di questo scenario non è certo il caso di introdurre misure come l'aumento dell'Iva che deprimerebbero i consumi. Ma soprattutto è l'affermazione tra le righe che la politica non è più in grado di farsi carico delle esigenze del Paese. DI LAURA DELLA PASQUA   Per essere a Rimini si è alzato all'alba. Aereo fino a Bologna, poi trasferimento in macchina. Sono da poco passate le 11 quando Angelino Alfano fa il suo ingresso nei padiglioni che ospitano il Meeting di Comunione e liberazione. Inizialmente, da Guardasigilli, doveva partecipare ad un incontro con il vicepresidente del Csm Michele Vietti, poi ha imboccato la strada che da viale Arenula porta a via dell'Umiltà. Così Vietti è rimasto da «solo». Ma Alfano non ha voluto mancare l'appuntamento con il popolo del Meeting. E con Silvio Berlusconi lontano dalla scena pubblica e chiuso nel silenzio di Arcore, è chiaro che quella che il protocollo ufficiale descrive come «una visita privata», si trasforma subito nel «battesimo del nuovo leader». Anche la caparbietà con cui, in mezzo a riunioni tecniche e vertici di partito sulla manovra, il segretario ha voluto confermare la sua visita a Rimini, conferma che ormai «l'Angelino custode» del Cavaliere è diventato «l'Angelino custode» di se stesso. Sia chiaro, non è che Alfano abbia compiuto il «regicidio». L'impressione piuttosto è che, dopo averlo lanciato in scena, Berlusconi sia rimasto dietro le quinte a guardare. Il futuro, insomma, è del segretario del Pdl. Lui lo sa e non si tira indietro. Anzi. Eccolo quindi arrivare a Rimini e presentarsi subito davanti a microfoni e telecamere per dichiarazioni rassicuranti sia sulla tenuta della maggioranza di governo che sul lavoro che attende il Parlamento. Parole che sono messaggi a elettori e alleati: «La manovra non toccherà le pensioni»; «Non vogliamo creare un conflitto generazionale tra padri e figli»; «Occorre costruire un grande patto per il futuro dei giovani italiani»; «Sì al confronto in Parlamento, ma non sia idelogico». Appena le sue dichiarazioni vengono battute dalle agenzie sono in molti ad applaudirlo. Segno evidente che ha colto nel segno. Ma la visita riminese ha anche un altro valore. Nei giorni passati in molti hanno scritto di una presunta «sfida interna» tra Maurizio Lupi e Roberto Formigoni, entrambi provenienti dall'esperienza di Comunione e liberazione. Il governatore lombardo non vedrebbe di buon occhio il rapporto tra il segretario Pdl e il vicepresidente della Camera e, come se non bastasse, è pure uno dei «frondisti» critici nei confronti della manovra. Alfano arriva a Rimini accompagnato da Lupi, ma appena entrato in Fiera viene «preso in consegna» da Formigoni che lo accompagna durante tutta la visita. I due parlano, scherzano sul look del governatore (jeans e camicia a fiori d'ordinanza). Quando il presidente della Lombardia prova a fargli fare una foto con la sua sagoma in cartone che campeggia davanti al suo stand, Alfano si schernisce: «Roberto, le foto con te le faccio, ma con il tuo cartonato no!». Insomma, il clima è rilassato e mai si avvertono tensioni. Dopotutto Formigoni ha appeno chiesto che il decreto venga cambiato a «saldi invariati» e Angelino sta proprio lavorando su questo. Contemporaneamente ha già avviato quel processo di rinnovamento del Pdl che Formigoni invoca da tempo. È già stata inviata una circolare per prorogare il tesseramento al 30 ottobre e celebrare così, in un election day che si terrà la prima settimana di dicembre (o l'ultima di novembre) l'elezione di tutti i dirigenti locali. Alfano vuole puntare sui giovani (in occasione del suo arrivo a Rimini fa la sua apparizione anche l'eurodeputata ventottenne Lara Comi) e su questo punto la sintonia con il Meeting è totale. Infatti, quando Giorgio Vittadini gli spiega lo spirito di queste prime giornate della manifestazione e le priorità su cui si sta puntando (su tutte giovani e famiglia) il segretario del Pdl annuisce e assicura il proprio impegno. Poi sale in macchina e riparte alla volta di Roma. Non prima di aver ricevuto l'applauso di un gruppo di sindaci e amministratori lombardi accompagnati dal senatore lombardo Mario Mantovani e aver pranzato per quasi due ore con Lupi, Formigoni e Mario Mauro. Quando lascia Rimini sono quasi le 17. Nella Capitale lo attende una riunione dei gruppi parlamentari del Pdl. Domani vedrà gli enti locali. Proprio un vero leader. DALL'INVIATO A RIMINI NICOLA IMBERTI

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