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Gheddafi gioca in casa Ora lo cercano a Sirte

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MarinoCollacciani m.collaccianiltempo.it La voce di Muammar Gheddafi in fuga arriva attraverso Bashar Assad. È questa la notizia. Gli ultimi due appelli che il Colonnello è riuscito a lanciare, in cui incitava i sostenitori alla battaglia e a ripulire Tripoli dai «ratti», sono stati diffusi da Al Oruba Tv, collegata ad Arrai Tv, canale televisivo basato in Siria e di proprietà del parlamentare iracheno Mishan Jabouri, ricercato da Baghdad per complicità col terrorismo. Arrai Tv è legata a un cugino del presidente siriano, Rami Makhlouf, che controlla il settore delle telecomunicazioni nel Paese mediorientale. Mentre tutti lo cercano, il soccorso prestato dal regime siriano al Colonnello potrebbe adesso diventare un ulteriore pretesto per un aumento della pressione su Damasco, anche sul piano di un'opzione militare, che potrebbe cominciare proprio dai trasmettitori dei segnali. Sul piano della caccia al tiranno, la possibilità che Gheddafi si sia rifugiato a Sirte, sua città natale, «ha un suo sospetto di fondatezza». Lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo che fonti dell'Eliseo avevano avanzato la stessa ipotesi, accreditata peraltrio a Roma da Abdessalam Jalloud, ex numero due del regime. I Tornado britannici sono tornati a colpire Sirte, prendendo di mira in particolare un vasto bunker. Caccia-bombardieri Tornado Gr4 britannici, secondo quanto ha fatto sapere il ministero della Difesa inglese, avrebbero attaccato lanciando missili di precisione «Storm Shadow» contro un vasto complesso fortificato. Comunque, la città continua a resistere e, malgrado le disfatte subite e gli incessanti raid aerei della Nato, i lealisti non hanno esitato a contrattaccare neanche a Tripoli, ingaggiando uno scontro a fuoco con gli insorti nei pressi dell'aeroporto, che hanno poi bombardato danneggiando tra l'altro un veicolo sulla pista. I ribelli libici hanno denunciato un massacro di 150 prigionieri a Tripoli ad opera delle truppe ancora fedeli a Muammar Gheddafi. Secondo il capo delle operazioni militari per la liberazione della capitale, Abdel Nagib Mlegta, «nelle ore prima della caduta del regime ci sono state delle vendette. A Bab al-Aziziya c'è stato un omicidio di massa. Hanno ucciso più di 150 prigionieri. Le guardie li hanno ammazzati facendo esplodere delle granate prima di scappare». Situazione drammatica anche negli ospedali. In un nosocomio di Tripoli sono stati trovati 25 cadaveri sui letti; gli altri erano sparsi nei diversi reparti dell'ospedale di Abu Salim, abbandonato dai medici, in fuga dai miliziani di Gheddafi. Così ottanta pazienti sono morti di stenti, mentre 17 sopravvissuti sono stati trasferiti ieri dalla Croce rossa in un altro presidio sanitario della capitale. La struttura, rimasta isolata per una settimana, è una delle macabre scoperte avvenute dopo la liberazione di uno dei quartieri a sud di Tripoli, rimasto saldamente nelle mani dei lealisti fino all'altroieri, quando c'è stato l'attacco definitivo dei ribelli. Dal canto suo, il Consiglio Nazionale Transitorio prosegue per la sua strada ed ha annunciato che da giovedì la sua nuova sede non è più la «periferica» Bengasi, ma Tripoli stessa, dove il governo-ombra ha tenuto la prima seduta. Da Istanbul, dove aveva partecipato a una riunione tecnica del Gruppo Internazionale di Contatto, il premier Mahmoud Jibril è tornato a insistere sulla necessità di ricevere aiuti finanziari, così da garantire la stabilità del Paese mentre il nuovo corso prende piede. Jibril ha sottolineato anche l'intenzione di rifondare Forze Armate e Polizia, ma -ha avvertito - «ci occorrono capitali anche per questo». A proposito della ricostruzione, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha respinto le indiscrezioni di stampa secondo cui si sarebbe aperta una «competizione» tra Italia e Francia per lo sfruttamento delle ricchezze libiche. «Siamo stati e saremo il primo partner economico della Libia - ha detto il capo della Farnesina - annunciando che l'ad dell'Eni, Paolo Scaroni, sarà lunedì a Bengasi per sortoscrivere accordi che faranno ripartire gli impianti di gas e di petrolio dsanneggiati.

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