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Sacconi fa il leghista e frena sulle pensioni

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi al Meeting di Rimini

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Il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha lasciato da poco più di dieci minuti la sala stampa del Meeting di Rimini quando Maurizio Sacconi fa il suo ingresso. Occhiali scuri, il ministro del Welfare dribbla le telecamere e si dirige verso l'area delle conferenze stampa. È qui per partecipare a due incontri: uno organizzato sull'Intergruppo parlamentare della sussidiarietà su natalità e famiglia, l'altro su giovani e formazione. Il ministro dovrebbe anticipare il contenuto del suo intervento. Invece lo fa distribuire e va dritto al punto: «Ritengo molto colpevole, solo 3 anni e mezzo fa, la decisione presa dal governo Prodi di abbassare l'età pensionabile. Un accordo firmato anche dalla Confindustria. Quella riforma antistorica e disastrosa costò 10 miliardi. Poi è toccato a noi risalire la china per fare tornare il nostro sistema previdenziale sostenibile». È solo la premessa perché Sacconi sa che non può sfuggire dal tema più caldo. La Lega ha alzato le barricate fermando qualsiasi intervento di riforma del sistema pensionistico. La Cgil è pronta a scendere in piazza. Pure Cisl e Uil sono contro la riforma. Eppure nel Pdl c'è chi si dice convinto che si tratti di uno dei pochi interventi strutturali che può veramente cambiare la situazione. Sacconi non vuole entrare nella polemica così, dopo aver ricordato che il sistema è stato già ampiamente riformato ed è assolutamente sostenibile nel lungo periodo, fissa due paletti: «Occorre trovare un punto di equilibrio fra l'esigenza di sostenibilità finanziaria e quella di sostenibilità sociale».   Il messaggio non è chiarissimo. Così i giornalisti cominciano a incalzarlo con le domande. «Non mi sono spiegato» continua a ripetere Sacconi. Fino a quando non si lascia sfuggire una frase: «Dobbiamo evitare che le persone che attendono la pensione lo facciano nella disoccupazione. Dietro la legge c'è la carne e lo spirito». Insomma un po' a sorpresa, ma forse neanche troppo, il ministro si schiera al fianco della Lega. Ma soprattutto al fianco della Cisl e della Uil. È indubbiamente a loro che Sacconi pensa quando chiede che, prima di qualsiasi intervento, se ne discuta con «il sindacato riformista». Lo stesso con cui sono stati discussi gli interventi di questi anni senza «una sola ora di sciopero che non fosse proclamata dalla Cgil». E si stupisce che Confindustria «dopo tanta retorica sulle parti sociali, abbia preso da sola una posizione sulle pensioni». Quindi è inutile che Emma Marcegaglia chieda riforme, che le chiedano «dal Monte e dallo Zemolo», Sacconi non ha alcuna intenzione di rimettere mano al sistema. Un sistema che se fosse stato cambiato con la riforma voluta da Gianni De Michelis, ricorda il ministro abbandonandosi ad un amarcord socialista, oggi non sarebbe oggetto di queste discussioni. L'ultimo no, Sacconi lo dice sulla patrimoniale («Anche il Pd, oltre al Pdl, è contrario»), ma a tenere banco è comunque il tema delle pensioni. Tanto che il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua, anche lui ospite del Meeting, dopo essere fuggito tutto il giorno dai giornalisti, in serata avverte: «Cambiare ogni giorno il sistema previdenziale non è un bene per il futuro degli italiani».

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