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La Lega non cambia linea: "Le pensioni non si toccano"

Il premier Silvio Berlusconi (S) con Umberto Bossi

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La Lega non cede. Sono bastate due ore di serrato confronto tra Umberto Bossi e i vertici del Carroccio per mettere nero su bianco quello che già da giorni era già nell'aria. E così, proprio dalla segreteria politica del movimento convocata ieri pomeriggio a Via Bellerio, è arrivato l'avvertimento alla maggioranza: «no» ad alcun intervento sulle pensioni e, soprattutto, «stop» ai tagli previsti sugli enti locali. È proprio Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione e coordinatore delle segreterie del Carroccio, a diffondere una nota in cui vengono fissati i tre punti inderogabili ai quali s'ispireranno le modifiche che i nordisti proporranno in vista dell'iter parlamentare di conversione del decreto. Poche parole che però riescono ad irrompere nel panorama politico come una bomba, soprattutto se si considerano i già precari equilibri con gli alleati del Pdl. Il primo punto della nota riguarda, per l'appunto, le pensioni: «Le norme relative alla previdenza contenute nel decreto legge 138 sono idonee e non suscettibili di modifica vista l'intesa raggiunta a riguardo tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi». Una vera e propria porta sbattuta in faccia al segretario del Pdl, Angelino Alfano, che fino a ieri ha tentato in tutti i modi di cercare un compromesso con i leghisti. Ma se sulle pensioni la Lega non pensa minimamente a fare alcun passo indietro rispetto a quanto stabilito dal testo della manovra concordato con il premier, sugli Enti locali i vertici nordisti annunciano di voler rivedere al ribasso l'entità dei tagli concordati. È infatti la tenuta economica di Comuni, Province e Regioni del Nord a preoccupare i Lumbard, in special modo il ministro dell'Interno Roberto Maroni che ha, proprio a capo di quegli Enti, i suoi più fedelissimi sostenitori. Ed ecco allora che per accontentare colui che, con sempre maggior insistenza, sta cercando di farsi largo nel movimento, la segreteria decide di dedicare il secondo punto della nota all'argomento. E così viene fissata «l'assoluta necessità di un ridimensionamento dell'intervento sulle autonomie locali». A questo proposito, Calderoli si sarebbe impegnato a redigere una bozza, che sarà esaminata in un incontro successivo, per poi confluire in un maxi-emendamento da presentare a metà della prossima settimana. Infine, il terzo punto i leghisti lo dedicano ad una «proposta incisiva ed equa per sconfiggere la grande evasione fiscale e conseguentemente reperire risorse per lo sviluppo del Paese». Ma di questa «proposta incisiva» nemmeno l'ombra tanto che l'ultimo punto della nota assomiglia di più a un timido tentativo di segnalare un'alternativa per trovare fondi piuttosto che un reale suggerimento propositivo. Eppure la Lega ha davanti a sé ben più grandi difficoltà. Trovata infatti, almeno apparentemente, la quadra per quanto riguarda la posizione da tenere sulla manovra (la segreteria avrebbe anche bocciato l'ipotesi di introdurre una patrimoniale sui beni di lusso e l'idea di un aumento dell'Iva), resta da risolvere la delicata questione degli equilibri interni. Uno scontro che, giorno dopo giorno, evidenzia in maniera sempre più evidente i due fronti contrapposti e soprattutto chi sta dalla parte del Senatùr e chi invece difende le posizioni del ministro dell'Interno. Loro continuano a smentire per evitare che le «beghe» interne compromettano il consenso elettorale, però è certo che l'Umberto e «Bobo» stiano cercando in tutti i modi di trovare quanti più sostenitori possibile. E, anche questa volta, sembra che sia proprio il «cerchio magico» (i fedelissimi di Bossi) a mostrare i muscoli. A tessere la strategia infatti sarebbe proprio la seconda moglie del Senatùr, Manuela Marrone, che, preoccupata dall'ipotesi vedere il marito oscurato dall'ingombrante figura di qualche oppositore interno lo avrebbe esortato a «sbatterli fuori tutti»: «Ma non vedi che ti stanno cacciando - avrebbe detto in una telefonata al marito rivelata da Il Giornale - Devi sbatterli fuori a cominciare da Maroni! E poi Fontana! E Tosi e anche Giorgetti! Ti stanno tradendo!». Una crociata contro il ministro dell'Interno che ha proprio tra i sindaci, come Fontana e Tosi, i suoi più fedeli sostenitori. Quello che però fino ai giorni scorsi non era ben chiaro è la posizione dei Calderoli rispetto ai due contendenti. Una situazione che lo stesso ministro ha chiarito in questi giorni. Lo ha fatto, in parte, l'altra sera alla Berghem Fest dicendo che la Lega «è Bossi. Non è né Maroni, né Reguzzoni (esponente del «cerchio», ndr)». Ma ancora di più lo ha fatto domenica sera dal palco di Sommacampagna, paesino in provincia di Verona, dove ha attaccato il primo cittadino del capoluogo scaligero, Flavio Tosi: «Farebbe bene a ricordarsi che è un sindaco candidato ed eletto dalle Lega e dal Pdl e non è lì con i propri voti». E, fatalità, non è un mistero che Bossi quando parla di Tosi ami definirlo un «tosiano» piuttosto che un «leghista». Le armate quindi si sono composte. Ora non resta che aspettare la prossima schermaglia tra i due generali.

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