Napolitano di lotta e di governo
Adesso basta. Giorgio Napolitano lancia il suo ultimatum dal palco della XXXII edizione del Meeting di Rimini. Un appello chiaro e netto a cambiare passo perché così, avverte, non si può più andare avanti. Un appello che, pur non risparmiando nessuno, prende di mira soprattutto le forze di opposizione. Possibile – si domanda il Capo dello Stato – che da parte delle forze di opposizione, ogni criticità della condizione attuale del Paese sia stata ricondotta a omissioni e colpe del governo, della sua guida e della coalizione su cui si regge?». Insomma, basta con i continui attacchi alla maggioranza, la crisi economica va affrontata tutti insieme. Non è la prima volta che Napolitano richiama i partiti ad una maggiore coesione, ma il discorso pronunciato davanti alla platea di Cl, per i temi toccati e per la determinazione con cui il presidente della Repubblica ha pronunciato le sue parole, è un macigno lanciato nel dibattito politico nazionale. Un macigno che non risparmia la maggioranza («possibile sia stata dominata dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea?»), né le parti sociali che sono chiamate a «proiettarsi pienamente oltre approcci legati a pur legittimi interessi settoriali». Il messaggio è più che chiaro: «Bisogna portarsi tutti all'altezza dei problemi da sciogliere e delle scelte da operare». La giornata riminese del Capo dello Stato era iniziata sotto il sole cocente in piazza Tre Martiri. Luogo in cui, il 16 agosto 1944, vennero impiccati tre partigiani ricordati oggi da una lapide assieme a tutti i caduti della guerra di Liberazione. Presente anche una delegazione di membri del coordinamento «Liberi subito», impegnata a non far dimenticare il caso dei 6 marittimi di Procida della nave «Savina Cylyn» da oltre sei mesi nelle mani dei pirati somali. Dopo aver assicurato massimo impegno nel sollecitare le istituzioni affinché sblocchino la situazione, il Presidente ha deposto una corona di fiori nel luogo dell'esecuzione. Tra gli applausi della folla e i tricolori sventolanti (per l'occasione è stato improvvisato anche un inno d'Italia a cappella) Napolitano ha lasciato la piazza e si è recato al Grand Hotel per pranzare e riposarsi. A metà pomeriggio l'arrivo alla Fiera. Un incontro lontano da occhi indiscreti con l'ad di Fiat Sergio Marchionne (arrivato a Rimini a sorpresa nonostante non dovesse partecipare ad alcun incontro) e una visita alla mostra sui 150 anni dell'Unità d'Italia che è stato lo spunto che ha convinto Napolitano, dopo aver rifiutato gli inviti degli ultimi anni, ad aprire questa XXXII edizione della manifestazione riminese. Al suo arrivo nell'Auditorium B7 il presidente della Repubblica è stato accolto da un'ovazione. Si è sistemato in prima fila accanto al ministro della Politiche Comunitarie Anna Maria Bernini (unico esponente del governo presente all'incontro) ed ha ascoltato gli interventi della presidente del Meeting Emilia Guarnieri, di Giorgio Vittadini, del vicesegretario del Pd Enrico Letta e del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, fondatori dell'Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Per l'occasione il Meeting gli ha donato il libro Il Senso Religioso di don Luigi Giussani e un quadro del pittore americano William Congdon. Quindi sono saliti sul palco due ragazzi che hanno curato la mostra sui 150 anni e gli hanno rivolto due domande. A quel punto Napolitano ha preso la parola per un intervento che ha subito messo in chiaro la posta in gioco: «È un fatto che ormai da settimane, da quando l'Italia e il suo debito pubblico sono stati investiti da una dura crisi di fiducia e pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari, siamo immersi in un angoscioso presente, nell'ansia del giorno dopo, in un'obbligata e concitata ricerca di risposte urgenti». Quindi, dopo aver spiegato che «le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto», Napolitano ha rivolto a presenti e assenti una serie di domande: «Abbiamo parlato in questi tre anni il linguaggio della verità? Lo abbiamo fatto abbastanza tutti noi che abbiamo responsabilità nelle istituzioni, nelle società, nelle famiglie, nei rapporti con le giovani generazioni? Stiamo attenti, dare fiducia non significa alimentare illusioni; non si dà fiducia e non si suscitano le reazioni necessarie, minimizzando o sdrammatizzando i nodi critici della realtà, ma guardandovi in faccia con intelligenza e coraggio». È a questo punto che il Capo dello Stato ha rivolto il suo appello alle forze politiche esortandole ad un «confronto davvero aperto e serio» soprattutto ora che il Parlamento si trova ad affrontare la discussione sulla manovra. La ricetta di Napolitano è semplice: basta «assuefazioni e debolezze nella lotta all'evasione»; «più voce nel concerto europeo da un lato condizionato da iniziative unilaterali, di singoli governi, dall'altro troppo esitante sulla via di un'integrazione responsabile e solidale»; avanti con le riforme (il presidente si concede anche una lode su come il nuovo Guardasigilli Nitto Palma sta affrontando il tema della giustizia). Ma ciò che più lo interessa è il «disgelo». Basta «calcoli di parte» e «logiche di scontro». L'Italia può farcela se tutti remano nella stessa direzione. Le ultime parole sono per la platea che lo ha accolto con tanto calore. Nel giorno in cui da più parti viene attaccato per aver accettato di partecipare ad una manifestazione «di parte», Napolitano esorta il popolo del Meeting: «Portate, nel tempo dell'incertezza, il vostro anelito di certezza». La standing ovation è inevitabile.