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Martino (Pdl): riforma elettorale o crolla tutto

Antonio Martino

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«Sì, è vero: sono un frondista. E lo sono perché mi hanno insegnato che, se una cosa è sbagliata, anche se tutti dicono che è giusta, rimane sbagliata». L'ex ministro Antonio Martino continua la sua battaglia. A essere sbagliata - l'ex ministro, ora deputato del Pdl, lo ripete da giorni - è la manovra. «Per dare risposte vere alla crisi - ammette - non c'è più molto tempo». Onorevole Martino cosa fare, allora, per scongiurare il peggio? «Dobbiamo riconquistare le fiducia dei cittadini. Viviamo un momento di crisi nel quale comprensibilmente quanti stanno male, o in condizioni peggiori rispetto al passato, e disapprovano i contenuti di una manovra il cui costo ricadrà sulle loro spalle, sono portati a ritenere che le ragioni delle loro ristrettezze risiedono nel trattamento di favore che hanno i privilegiati: politici, calciatori e quant'altro». I politici, la cosiddetta casta, sono il primo bersaglio... «Sì, ma è una tesi priva di fondamento. Tipica di quasi tutte le crisi. In questa situazione la classe politica ha il dovere di trovare legittimità e mettersi al riparo da questa potenziale follia eversiva». Come? «La prima cosa da fare è cambiare la legge elettorale. Dobbiamo restituire ai cittadini il potere di scegliere chi li debba rappresentare. La legge attuale, semplicemente, non lo consente ed è giustamente accusata di aver prodotto un parlamento di nominati. E non più di eletti» Da qui l'indignazione della gente... «Precisamente. Il rischio che corriamo è enorme. Potenzialmente siamo in uno stadio prerivoluzionario. È una magra consolazione il fatto che le folle infuriate non hanno mai ottenuto quel che volevano. I francesi che chiedevano "Liberté, Égalité, Fraternité" hanno avuto Robespierre e Napoleone. I russi che volevano cacciar via lo Zar si sono ritrovati Stalin. Generalmente si passa dall'oclocrazia, il governo delle masse, alla dittatura». Il momento è grave, insomma... «Già. Ecco perché non è il momento di pensare alla legge ideale, che avrebbe bisogno di larghi consensi. Basterebbe tornare al Mattarellum. È di gran lunga migliore rispetto alla legge attuale. Il 75 per cento di collegi uninominali faceva sì che il popolo fosse sovrano, che decidesse i propri rappresentanti. Il rapporto elettore/eletto era più forte e la legittimazione della classe politica non era in discussione». Secondo lei basterebbe tornare al Mattarellum per placare la rabbia che si è scatenata nei confronti della casta? «No, non sarà questo a placare l'eversione, ma almeno servirebbe a restituire dignità al parlamento. Il Mattarellum, in questo momento delicato, è la soluzione "meno peggio". Si potrebbe fare in un'ora, abolendo la legge elettorale esistente. Basterebbe una maggioranza semplice per abrogare quella che il suo stesso ideatore, Roberto Calderoli, ha definito una "porcata"». Anche la manovra presentata dal governo è una "porcata"? «Questa manovra, semplicemente, è indifendibile. Non può essere presentata agli italiani. Per trenta anni abbiamo detto loro che avremmo messo in ordine i conti e invece il debito è sempre aumentato. La spesa pubblica è arrivata ad essere il 52 per cento del reddito nazionale, la fiscalità è alle stelle». Cosa fare, allora? «Dobbiamo sradicare il consociativismo cattocomunista. Il sistema sanitario nazionale va smantellato: costa troppo, è inefficiente e non fa che creare corruzione. Dobbiamo riformarlo. Dobbiamo adeguare l'età pensionabile agli standard europei. Alcune persone percepiscono la pensione in età lavorativa e poi lavorano in nero, fregando l'Erario due volte. Dobbiamo ridurre gli enti locali». Anche lei è un sostenitore della battaglia de Il Tempo «Via le Province», allora? «Assolutamente sì. Le Province vanno abolite. Ma non basta. Bisogna ridurre il numero dei Comuni di almeno un terzo e ripensare il sistema delle Regioni. La Lombardia con i suoi 9 milioni di abitanti non è un ente locale». Questa la sua ricetta anti-crisi. Il governo che fa?  «Ho parlato con Berlusconi. Finalmente mi ha richiamato lui, dopo che io per giorni l'ho chiamato invano. Gli ho detto: "Non posso più salvare la tua faccia, ma posso ancora salvare la mia". Sa che non voterò mai una manovra che va nella direzione diametralmente opposta a quello che sia io che lui abbiamo detto negli ultimi 18 anni». E lui? «Mi ha detto che sa che io non farei mai niente strumentalmente contro di lui. Che sono un amico. Che si sta adoperando per correggere la manovra, ma che gli hanno detto che è l'unica cosa da fare». Ed è così? «Assolutamente no. Nessuno potrà convincermi. Lui si è lasciato convincere da persone che hanno fama di essere competenti. Ma è una fama usurpata». Berlusconi, però, ha il problema della Lega... «Io credo che la Lega oggi abbia un problema. Non che sia un problema. Non è più monolitica come in passato. Al suo interno ci sono posizioni diverse sulla manovra. La leadership di Bossi si è incrinata, non è più in grado di garantire l'omogeneità dell'intero partito. Molti leghisti la pensano come me sulla manovra. Non è un caso che alle scorse elezioni in Lombardia hanno perso voti sia il Pdl sia la Lega. Le tasse fanno male ai nostri elettori: sono il popolo delle partite iva, massacrati dall'iperfiscalità di Tremonti». Come giudica l'intervento di Napolitano su questi temi? «Nutro molto rispetto per il capo dello Stato. Secondo me, però, dovrebbe astenersi dall'esprimersi su temi che riguardano la politica vera e propria. Riconosco che ci sono stati dei problemi di leadership interna e lui ha fatto da garante. Adesso, però, spero faccia il presidente della Repubblica e lasci al governo le responsabilità che spettano al governo».

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