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"Basta denigrare le Istituzioni"

Il presidente del Senato Renato Schifani

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Sprechi, privilegi, facilitazioni. Inutile far finta che tutto ciò non pervada il sistema politico in maniera patologica. Ma «sparare nel mucchio» facendo facile ironia, senza distinguere luoghi e situazioni, persone e ruoli, non è soltanto sbagliato, è dannoso. Per le Istituzioni, che comunque le si guardi sono per loro natura la Garanzia, con la «g» maiuscola, delle democrazie per cui in anni non troppo lontani in Italia si è lottato fino a morire, e per far nascere le quali oggi - impossibile non rendersene conto - nel panorama internazionale si assiste a sanguinosi scontri. Ecco perché il Presidente del Senato, Renato Schifani, è andato su tutte le furie - con la signorilità che lo contraddistingue - per un passaggio della trasmissione radiofonica diffusa ieri mattina tra le 10 e le 11 da Radio 2, intitolata «Attenda in linea», dove in replica ad una telefonata trasmessa in diretta nella quale un privato cittadino, con toni ironici ma pacati criticava il prezzo dei pasti consumati in un ristorante riservato ai parlamentari, il conduttore del programma Max Laudadio ha commentato: «Se 'sti delinquenti facessero il loro lavoro, sarebbe tutto a posto, il problema è che non lo fanno, capito?». La seconda carica dello Stato ha ritenuto opportuno prendere carta e penna per scrivere una nota al Direttore generale della Rai, Lorenza Lei: «Non posso consentire - ha scritto Schifani - che la pur comprensibile critica di alcuni aspetti di quelli che ormai vengono comunemente chiamati "costi della politica" trascenda in espressioni indiscriminatamente oltraggiose, tanto più da parte di un professionista del servizio pubblico. Come Presidente del Senato è mio dovere stigmatizzare e respingere tali espressioni, a tutela della dignità e dell'impegno di tanti parlamentari». Immediata la risposta della Lei che in un comunicato ufficiale ha reso noto di riservarsi «di valutare ogni più opportuno provvedimento e iniziativa nei confronti dei responsabili della trasmissione radiofonica», sottolineando il suo «rammarico» per aver visto «travalicati i limiti del diritto di critica e di satira. Resto convinta, infatti - scrive il Direttore generale della Rai - che la missione di Servizio Pubblico, in particolare, imponga sempre di contemperare il diritto dovere di informare con il rispetto delle persone e delle Istituzioni. Specie nella delicata fase che vive il Paese nel rapporto con i suoi Rappresentanti parlamentari». La sortita del Presidente del Senato ha trovato l'applauso dei colleghi: «Bravo Schifani, finalmente qualcuno ci difende dal nuovo fascismo che per la prima volta dal '32 equipara il Parlamento a una voce passiva della vita pubblica» , ha polemicamente affermato il ministro per l'Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi. C'è anche chi si è spinto oltre, come la senatrice del gruppo Pdl Diana De Feo: «Perché nessuno parla della casta dei giornalisti parlamentari? Sono ben 300 quelli accreditati a servirsi presso i ristoranti di Camera e Senato, con tutti i vantaggi che in questi giorni i mezzi di informazione hanno largamente descritto. Ma chissà per quale motivo nessuno si è soffermato su questo esercito di privilegiati...». Giusto sfogo di chi evidentemente, conscio del proprio impegno per il Paese, non ci sta ad essere descritto come un parassita (pur sapendo che sprechi esistono e vanno eliminati). Attenzione però a non cadere nello stesso errore che si vuole stigmatizzare, e cioè quello di fare di tutt'erba un fascio. Anche quei «privilegiati» di cui parla la De Feo sono persone che frequentano quei luoghi istituzionali per lavoro. E ciò non toglie che gli sprechi siano comunque tali e che siano stati denunciati proprio da chi avrebbe potuto avere interesse a non farlo.

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