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Tra Bossi e Maroni è l'ora della conta

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Da sinistra Maroni e Bossi

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Bossi sulle pensioni non cede: «Ho telefonato a Berlusconi e gli ho detto: "Ci vediamo, ci mettiamo d'accordo, ma non toccarle. Troveremo un'altra via"». Poi ha aggiunto: «Le pensioni le ha salvate la Lega, nonostante quel che dice quello stronzo di Casini». Parolacce e determinazione sono però solo timidi tentativi di galvanizzare il suo popolo. Ma i veri problemi arriveranno domani. È scattata l'ora della conta interna. I nodi in casa leghista stanno per venire al pettine tanto che gli occhi dei nordisti sono tutti puntati sulla segreteria convocata per domani in via Bellerio a Milano. Una riunione delicata durante la quale il Consiglio federale non solo dovrà stabilire le modifiche da apportare al testo della manovra correttiva, ma potrebbe diventare l'occasione per un duro confronto tra le due anime del movimento. Da una parte infatti si schiereranno i fedelissimi di Umberto Bossi (il cosidetto "cerchio magico") e dall'altra i "maroniani", esponenti nordisti vicini al ministro dell'Interno. Due protagonisti contrapposti che già in questi giorni si stanno misurando a distanza a suon di dichiarazioni rilasciate durante le feste padane o a note ufficiali. Un malessere che sta attraversando il movimento e che rischia di aggravarsi di ora in ora per colpa degli effetti della crisi economica e dall'impopolarità delle misure decise dal governo. Così, per la prima volta nella storia leghista, i "panni sporchi" vengono lavati apertamente. Da una parte il Senatùr che, nei suoi comizi, definisce «terroni» (perché asserviti all'assistenzialismo) i sindaci del Carroccio che si lamentano dei tagli agli enti locali e si lamenta «del sindaco di Verona che dice la sua e quell'altro che dice la sua», dopo le proteste di Flavio Tosi e Attilio Fontana, maroniani doc, messi alla guida di Verona e Varese. Dall'altra Calderoli che non perde occasione per rilasciare dichiarazioni e avvertimenti sia ai suoi che alla maggioranza. In ambienti leghisti intanto si iniziano a ipotizzare i possibili sviluppi della riunione di domani. È dato per assodato che il vertice è stato chiesto da Maroni (che, oltretutto, è coordinatore della segreteria politica), cioè colui che, nel partito, si è mostrato più sensibile alla questione degli enti locali (mentre Bossi ha continuato a rivendicare, nei comizi d'estate, la scelta «equilibrata» fatta dalla Lega di «salvare le pensioni», anche a costo di sacrificare gli enti locali). Cosa sulla quale non è per nulla d'accordo Maroni che, nel suo ultimo intervento pubblico, risalente a quasi una settimana fa, ha precisato che il Parlamento deve «fare uno sforzo per garantire un taglio dei tagli previsti per le autonomie locali», Dal canto suo, in una nota diffusa ieri, Calderoli ha parlato di nuovo delle riunione di domani invitando gli «amici» del Pdl «a fare la stessa cosa. Per poi incontrarci per trovare una sintesi e un'unica proposta comune sulle modifiche da apportare alla manovra». «In questo momento - ha aggiunto - è davvero troppo importante avere un'unitarietà nella maggioranza rispetto ad un altrettanto troppo evidente attacco dei poteri forti e dei loro maitresse editoriali, scatenati come non mai nel tentare, ancora una volta, l'ennesima spallata, per mettere al governo i non eletti e varare una riforma elettorale che possa poi far vincere chi è in minoranza nel Paese». Così, dopo giorni in cui il Senatùr e Maroni non hanno avuto modo di vedersi né, tantomeno, di parlarsi sul tema delle modifiche alla manovra, domani potrebbe essere il momento del confronto decisivo. Altra occasione importante sarà quella di venerdì prossimo, quando Maroni incontrerà Angelino Alfano, primo segretario di un altro partito invitato a parlare a una festa della Lega Nord, ad Alzano lombardo (saranno intervistati assieme a Calderoli da Enrico Mentana). Stesso posto dove ieri sera Bossi ha attaccato anche i giornalisti: «Bisogna dare loro quattro legnate» per le falsità che scrivono. E intanto i due «big» del movimento continuano a studiarsi a distanza. Tra loro, giurano altri nordisti, c'è grande rispetto e «Bobo» (così viene chiamato amichevolmente dai suoi il ministro dell'Interno) non farebbe mai nulla per andare contro la linea dettata da Bossi. Eppure sembra che qualcosa stia cambiando ed è proprio il Senatùr a dirlo al suo popolo. Anche l'altra sera infatti, durante un comizio a Schio, ha tenuto a precisare: «La Lega è una forza politica popolare che deve essere unita e forte: noi abbiamo il compito storico di fare soprattutto gli interessi della gente del Nord».

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