Cresce il partito della patrimoniale
Nel Pdl c'è chi è pronto a giurare che alla fine si farà. Nonostante le perplessità verso una misura da sempre considerata «di sinistra». Alla fine, vista la necessità di intervenire e modificare il meccanismo del contributo di solidarietà, non è escluso che la maggioranza decida di introdurre una mini-patrimoniale colpendo i più ricchi. L'ipotesi di tassare nuovamente i capitali scudati, infatti, appare ormai remota anche perché difficile da realizzare dal punto di vista legislativo. Ed ecco spuntare l'imposta sui grandi patrimoni. Le opposizioni la chiedono da tempo, ma il partito dei favorevoli alla misura sembra destinato a crescere con il passare dei giorni. Il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi, ad esempio, è uno degli ultimi iscritti. «Se proprio devi mettere una tassa - ha spiegato ieri contestando i tagli agli enti locali -, allora meglio fare la patrimoniale o tassare le rendite». E giù applausi dal centrosinistra. Con lui anche il deputato Pdl Maurizio Paniz («Sono in linea con tutti quei parlamentari che chiedono la patrimoniale») e, soprattutto, Luca Cordero di Montezemolo che già nell'intervista al Corriere della Sera del 14 agosto aveva lanciato l'idea di una «patrimoniale su noi ricchi». La sua associazione Italia Futura ha preso carta e penna e ha declinato la proposta: «Introdurre una imposta patrimoniale permanente con aliquota pari allo 0,5% sui patrimoni superiori ai 10 milioni e tetto pari a euro 1.000.000 (escludendo le partecipazioni in società non quotate ma non le immobiliari e le holding di partecipazione). L'imposta sarebbe basata su una autodichiarazione dei patrimoni mobiliari ed immobiliari eccedenti i 10 milioni di euro da parte dei contribuenti da presentarsi unitamente alla dichiarazione Ire e dovrebbe prevedere pesanti sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci». E non è la sola idea lanciata da Italia Futura che ha scritto, in dieci punti, una vera e propria contro-manovra. Si parte con la dismissione del patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato e degli Enti locali, per passare alla soppressione di tutte le Province con meno di un milione di abitanti, alla collocazione del Cnel presso la presidenza del Consiglio con susseguente riduzione dell'organico a non più di 15 membri non remunerati e all'affidamento agli Enti locali di funzioni oggi svolte dalle Camere di Commercio. Si passa poi al superamento delle pensioni di anzianità con l'introduzione di "quota 98" (36 anni di anzianità contribuitiva e 62 di età) a partire dal primo gennaio 2012, data in cui dovrà iniziare anche l'adeguamento dell'età pensionabile delle donne. Per il mercato del lavoro la proposta si chiama «introduzione di un contratto unico di lavoro» con «occupazione a tempo indeterminato per tutti i nuovi assunti». Nessuno spazio, invece, per misure di «carattere estemporaneo» come la tassazione di capitali scudati, ma lotta massiccia all'evasione. Quanto all'aumento dell'Iva Italia Futura non è pregiudizialmente contraria a patto che coincida con una riduzione, a cominciare dall'Irap, del prelievo sulle imprese. Ultimi due capitoli le riforme costituzionali (taglio dei parlamentari, introduzione del vincolo del bilancio in pareggio, libertà di impresa) e le liberalizzazioni che dovranno interessare: la rete gas, il trasporto ferroviario regionale, i servizi pubblici locali, i servizi idrici, il settore postale, gli orari e i giorni di apertura dei negozi, le assicurazioni infortuni, le telecomunicazioni. Un piano ambizioso che, avverte l'associazione, va considerato come un'idea complessiva e non come un «menù» all'interno del quale scegliere ciò che «più aggrada». Ci sarà qualcosa che il governo gradisce?