Tempesta perfetta in Borsa
NelleBorse europee si è scatenata la tempesta perfetta. È bastato un rapporto della Morgan Stanley, la banca d'affari Usa, che ha paventato il rallentamento della crescita globale a far scattare ordini di vendita giganteschi sui listini europei. Ala fine della giornata le perdite sono state ingenti. L'Europa complessivamente ha bruciato 298 miliardi di (20 in fumo solo a Milano) e ha segnato il maggior crollo dagli inizi del 2009, quando ancora si viaggiava nel pieno della crisi spalancata dal crac Lehman. Sono stati i timori sempre maggiori di un nuovo tuffo nella recessione, il tanto temuto «double dip» la doppia caduta dell'economia mondiale, ad affondare tutti i listini. La solidità tedesca ha pericolosamente vacillato con la borsa di Francoforte che ha lasciato per strada il 5,82%, Londra ha perso il 4,49% e con Milano che è sprofondate del 6,15% Insomma, una fuga a rotta di collo da tutti i mercati. A scatenare le vendite fin dal mattino sono delle apprensioni tutte nuove sulla solidità delle banche europee, dopo la notizia del Wall Street Journal sul monitoraggio avviato dalle autorità federali Usa sui livelli di finanziamento delle filiali Oltreoceano dei grandi istituti del Vecchio Continente. Lo spettro è insomma niente meno che quello di una tenuta del sistema creditizio. Nella giornata erano però attesi dei dati economici aggiornati e sul timore di una doccia fredda le vendite si erano ampliate già prima della loro diffusione. La realtà ha poi superato i peggiori timori. L'indice Fed di Philadelphia, che monitora l'attività del comparto manifatturiero nel distretto orientale americano, ad agosto è sprofondato a -30,7 dopo il +3,2 di luglio. A questo si è sommata la crescita delle richieste di sussidi di disoccupazione, mentre hanno deluso le attese anche i vari indicatori sui prezzi. Un mix di cattive notizie che hanno perso la bussola. Tra l'altro ben due funzionari della Fed hanno finito col gettare benzina sul fuoco sottolineando l'uno, il capo della Fed di Dallas, che non è compito della banca centrale Usa intervenire a difesa degli investitori e l'altro, il suo collega di Philadelphia, stigmatizzando l'impegno del governatore Ben Bernanke a mantenere i tassi d'interesse a livelli prossimi allo zero fino al 2013. Insomma il caos e contraddizioni nel vertice della piramide finanziaria mondiale. Tra i giganti europei sono stati bastonati particolarmente i titoli bancari, con Dexia e Societè Generale in calo di oltre il 12%, sui timori per gli approfondimenti sulla loro solvibilità da parte della Fed negli Usa. Un autentico shock è la perdita messa in conto da Fiat: -11%. A parziale discolpa è tutto il comparto auto a soffrire dopo uno studio fosco di Goldman Sachs sulle vendite di auto in Europa che potrebbero scendere, nel 2012, del 7%. Sul gruppo torinese hanno pesato anche timori legati all'erosione della quota di mercato in Brasile. A Milano, poi, la tempesta si è accanita sugli istituti di credito già a valori minimi: Intesa Sanpaolo ha perso il 9,26%, il Banco Popolare il 7,69% e Unicredit il 7,41%. Ancora sotto scacco l'energia, che da giorni sconta la tassa sulle società del settore prevista dalla manovra del Governo. Enel ha ceduto il 5,39% ed Eni il 4,83% e Snam Rete Gas il 3,52%. È andata meglio invece a Terna (-1,86%) e A2a (-1,69%). In campo assicurativo tensione su Fonsai (-12,36%). Con il -6,15% di ieri le perdite del Ftse Mib, il listino di riferimento, da inizio anno, hanno raggiunto il 25,79% mentre il -5,82% dell'altro indice il Ftse All Share ha portato il bilancio da fine dicembre a -24,78%. Peggio di Milano fra le grandi piazze mondiali c'è solo la Grecia (-26,5%). Nelle sale operative gli operatori hanno tentato di limitare le perdite aprendo posizioni sui beni rifugio come l'oro. Ma la riflessione approfondita è che non si può continuare a subire solo cali continui. La speculazione sta approfittando delle debolezze politiche europee e della mancanza di una governance adeguata nel Vecchio Continente. Due esempi lampanti sono stati la scarsa voce in capitolo nella gestione della crisi della Commissione europea, costoso apparato esecutivo incapace di alzare paletti certi contro gli hedge fund. Insieme a questo la vacuità del direttorio Sarkozy-Merkel il cui incontro martedì scorso è stata la migliore rappresentazione dell'incapacità della politica di governare in un mondo globalizzato. Il pericolo è dunque quello che ai governo non resti che rincorrere ogni giorno un esercito di raiders finanziari senza scrupoli con il varo di manovre di aggiustamento severe e punitive per i cittadini. E il cui importo viene assorbito dai mercati con una facilità estrema. Nel caso dell'Italia ad esempio se continuasse il ciclo di cali e l'assalto ai titoli di Stato potrebbe essere necessaria un'altro decreto da 50 o 100 miliardi. Non farebbe più differenza. Sarebbe in ogni caso solo un ulteriore stretta del cappio all'economia italiana e prodromica al fallimento non solo dello Stato ma anche dell'intero popolo italiano ridotto sul lastrico. Forse, si vocifera nella sale contrattazioni, sarebbe il caso di non seguire più gli allarmi che ormai si levano ogni giorno e che autoalimentano la distruzione di valore. Se gli speculatori vogliono il fallimento si possono accomodare. Ma almeno si possono evitare ulteriori sacrifici ai cittadini.