Governo fuori tema. Pagano sempre gli stessi
Il governo con la sua manovra correttiva è uscito fuori tema come si diceva a scuola un tempo. Una manovra incerta nel suo gettito, insufficiente nella sua quantità, pessima nella sua qualità. Ci spieghiamo. L'incertezza del gettito è legata prevalentemente all'abolizione di 38 province (quelle sotto i 300 mila abitanti) e l'accorpamento tra loro di 1.000 piccoli comuni. L'incertezza è innanzitutto temporale rispetto all'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 visto che l'effettività della norma avverrà con la scadenza naturale degli organi elettivi al momento vigenti. Il tutto a testimonianza che le riforme degli organi costituzionali di governo non possono essere fatte sotto la pressione della necessità di far cassa fermo restando che il riordino dei comuni e delle province è una misura strutturale che può recuperare efficienza e risparmio. Ma dove il governo è uscito pesantemente fuori tema è la convinzione che si possa risanare i conti pubblici con misure annuali modeste nella loro quantità ma pesantissime sui livelli di vita dei ceti più deboli e del ceto medio. Per capirci meglio negli ultimi dieci anni la crescita economica italiana è stata del 3% a fronte del 12% in Francia per non parlare della Germania e il debito è aumentato di 16 punti di Pil arrivando al 120%. Questi dati testimoniano una sola cosa: il fallimento delle politiche di bilancio dal 1994 in poi visto che nel 1991 il pareggio del bilancio primario era già stato raggiunto e nel 1992 ci fu un avanzo primario dello 0,6 % del Pil (oggi dopo 20 anni è dello 0,1%). Il deficit di bilancio in questi 18 anni si è ridotto solo quando c'è stata una riduzione della spesa per interessi grazie al crollo dei tassi internazionali di interessi com'è avvenuto nel triennio '96 - '99 (governo Prodi). Come se non bastasse al fallimento delle politiche di bilancio si è aggiunto quello delle politiche economiche che hanno spinto l'Italia verso il declino della bassa produttività oraria, della bassa crescita e del crollo della competitività dell'intero sistema produttivo. Dinanzi a questo scenario il buon senso avrebbe dovuto far capire a Tremonti, ma anche a Berlusconi, che bisognava voltare pagina e passare dall'aggressione al deficit (in 19 anni mai azzerato) a quella del debito, l'unica che avrebbe potuto liberare risorse ingenti (oltre 15 miliardi annui) dalla spesa per interessi. Chiamare, insomma, quel 10% di italiani che controllano il 45% della ricchezza nazionale a offrire un contributo volontario incentivato partendo da un minimo di 40 mila euro in due anni e salire poi, sulla base del reddito o del fatturato a cifre maggiori sarebbe stata cosa saggia e praticabile perché, mai come ora, la ricchezza avrebbe, sì salvato il paese ma avrebbe difeso anche se stessa con un sacrificio che non avrebbe certo cambiato la vita a chi detiene grandi ricchezze finanziarie e patrimoniali. E invece è accaduto il contrario. Si prendono soldi solo alle persone fisiche sulla base delle dichiarazioni dei redditi penalizzando così chi paga da sempre tutte le tasse come i lavoratori dipendenti e agevolando tutti gli evasori fiscali. Per non parlare di quella vergognosa misura che fa slittare di 2 anni l'erogazione del Tfr ai dipendenti pubblici che vanno in pensione. Il risultato negativo sarà doppio: il gettito sarà modesto e si ridurrà la massa spendibile delle famiglie che hanno netto in tasca da 5 a 7 mila euro al mese con un input recessivo sul terreno della domanda mentre all'orizzonte non si intravede una nuova politica dell'offerta capace di sostenere una crescita economica diversa per qualità e quantità. Alla fine della giostra, insomma, non ci sarà né crescita e men che meno il pareggio di bilancio nel 2013. Cos'altro deve accadere perché questo ministro dell'economia vada un po' a riposarsi visto che ha governato per 8 anni negli ultimi dieci facendo giungere il paese a questo punto? Per non parlare dello scasso delle amministrazioni centrali dello Stato alle quali dopo i 15 miliardi tolti nell'ultimo triennio se ne aggiungono altri 6 nel 2012 Tremonti e Berlusconi sanno che moltissime officine meccaniche si rifiutano di riparare le auto della polizia perché vantano crediti notevolissimi che lo Stato non onora? Le manifestazioni di protesta di tutte le forze dell'ordine negli ultimi mesi in piazza Montecitorio non hanno aperto gli occhi al ministro dell'economia? E i ministri di settore perché tacciono? Le spese delle pubbliche amministrazioni possono essere ridotte sempre quando si riducono i suoi compiti perché diversamente avremo debito sommerso e inefficienze. E lo stesso ragionamento vale anche per le Regioni e gli enti locali. Avemmo ragione, purtroppo, nel giugno 2008 quando Tremonti fece la sua prima manovra (quella dei 9 minuti e mezzo) e commentammo che saremmo subito entrati in recessione e non avremmo risanato i conti pubblici. E così fu allora e così sarà domani nel mentre nessuno pensa a cosa proporre sul piano internazionale per disciplinare in maniera diversa i mercati finanziari nei quali allignano i mostri che succhiano valore all'economia reale per darlo alla finanza. È bastata una misura come quella del blocco delle vendite allo scoperto, che dovrebbe essere definitivo, per dare alla speculazione un altolà alla sue scorribande. Ma queste cose sono troppo serie per un governo che affanna e arranca in maniera drammatica e il cui ministro dell'economia ci promette un altro libro per spiegarci cosa è successo in questi anni. Attendiamo comunque la pubblicazione del testo sulla gazzetta ufficiale per scoprire quali altre stramberie il governo ha introdotto nella manovra.