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Berlusconi: "Con Giulio fino al 2013"

Il ministro Tremonti (S) e il premier Berlusconi

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Forse è tornato il sereno. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti potrebbero aver ritrovato la perduta armonia. O almeno così sostiene il premier che, lasciando Palazzo Grazioli per recarsi in Sardegna dove trascorrerà il Ferragosto, risponde deciso ai giornalisti delle agenzie che lo incalzano: «Abbiamo lavorato gomito a gomito tutti questi giorni, non sono assolutamente vere le tensioni che sono state illustrate sui giornali. Certo, ci sono state delle contrapposizioni di vedute. Ma io penso che arriveremo insieme alla fine della legislatura». Si va avanti. Anche se qualche dubbio sull'effettiva tenuta del rapporto tra il presidente del Consiglio e il superministro resta e c'è chi è pronto a giurare che la resa dei conti è solo rinviata. Già ieri mattina, dopotutto, nella conferenza ufficiale in cui veniva illustrata la manovra, l'assenza di Berlusconi aveva scatenato la fantasia dei retroscenisti: Tremonti sempre più isolato e lasciato solo a mettere la faccia su un testo «lacrime e sangue». In realtà il titolare dell'Economia, pur rinviando di un'ora l'appuntamento fissato, si è presentato a Palazzo Chigi di ottimo umore. Come un professore in cattedra, si è concesso numerose citazioni e anche qualche battuta, preferendo l'analisi macroeconomica ai freddi resoconti numerici. Ha esordito spiegando che lui e i colleghi (presenti i ministri Roberto Calderoli e Maurizio Sacconi, il sottosegretario Paolo Bonaiuti) faranno domanda per iscriversi all'elenco dei «lavoratori usuranti». E anche quando le domande hanno toccato argomenti non strettamente economici non si è sottratto. Così, tra le varie cose, ha spiegato di indossare la cravatta della scuola di diritto di Yale ed è tornato sulle parole del Cavaliere che, venerdì sera, aveva parlato di un «cuore sanguinante». «Non so se la coscienza è un organo organico - ha risposto - Credo di aver fatto tutto in coscienza, per il bene del mio Paese». Quindi è andato a Palazzo Grazioli per un pranzo con con Berlusconi e Gianni Letta. Alla fine, dopo un'ora e mezza, è il premier a mostrarsi sorridente, in polo blu e golfino sulle spalle, davanti ai giornalisti: «Con Tremonti abbiamo parlato di alcune cose, poi alla fine ha pescato come sempre nel suo vasto repertorio di motti e aneddoti, ha allietato me e Letta in un finale di pranzo. Per farveli raccontare, però, dovreste rivolgervi a lui. Alcuni sono molto divertenti». Chiuso il capitolo Tremonti, Berlusconi si è concentrato su quello della manovra. «Direi che sono di buon umore - ha spiegato - abbiamo fatto un buon lavoro. Penso che quando la manovra sarà conosciuta in tutte le sue parti ci dovrà essere per forza un giudizio positivo. D'altronde è qualcosa che ci è stato imposto dalla situazione internazionale. C'è stato un intervento della Bce e qualunque governo si sarebbe trovato a dover dare una risposta come quella che noi abbiamo dato». Berlusconi ha detto di aver sentito telefonicamente e di «aver ricevuto grande apprezzamento» dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dal presidente della Bce Jean Claude Trichet (in serata ha poi chiamato il presidente del Consiglio Ue Herman Von Rompuy - anche lui soddisfatto per l'impegno italiano - mentre è in programma una chiamata con il presidente francese Nicolas Sarkozy ndr). E anche se ha ammesso che un po' tutti hanno dovuto fare lo sforzo di accettare le «posizioni dell'altro», si è detto sicuro che «difficilmente un altro governo in Europa avrebbe potuto fare un lavoro come quello che abbiamo fatto noi, in così poco tempo. Ne emerge un'immagine di un governo solido che tiene e che è capace di lavorare e di rispondere con tempestività alle emergenze». Il lavoro può quindi proseguire. Il Cavaliere è certo che non ci saranno «scossoni» in Parlamento anche perché in questi giorni non sono mancati i contatti con l'opposizione. L'obiettivo resta perciò il 2013. E poi? «Non so se mi ricandiderò - spiega -. In diverse occasioni ho detto che per me fare quello che sto facendo rappresenta un grande sacrificio. Tuttavia, se sarà necessario, non mi tirerò indietro. Peraltro mi auguro che non sia necessario».

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