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Tre domande nel rebus di Silvio

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L'indiscrezione, da verificare, è che Gerorge Soros avrebbe guadagnato un miliardo di dollari speculando contro il dollaro. Scommettendo in pratica sul downgrading di Standard & Poor's, come già negli anni novanta aveva fatto puntando contro la sterlina e la lira italiana e riuscendo anche allora a mettere in ginocchio entrambe. Questo spiegherebbe anche perché lo squalo più amato dalla sinistra mondiale (Barack Obama incluso) abbia deciso di chiudere il proprio hedge fund: per non avere addosso gli occhi della Sec, la Commissione di borsa americana. Nel frattempo da noi l'87 per cento delle famiglie proprietarie di case e tutti i titolari di risparmi - insomma, una giro di almeno 45 milioni di italiani - attende di capire se dovranno (ri)mettere mano al portafoglio per la tassa patromoniale di cui si parla. E questa non è più indiscrezione, ma vita reale. La politica continua a balbettare intorno ai tagli promessi: latitano tuttora cifre certe su quanto e quando si intendono portare stipendi e vitalizi degli onorevoli, degli assessori, dei consiglieri, di sindaci e minisindaci ai famosi livelli europei. E quando e quante province verranno effettivamente tagliate: l'ultima sensazionale promessa è che si «colpiranno» le nuove Province, e scusate se come presa in giro è poco. Ma intanto circa 130 mila dipendenti che hanno sulle spalle 40 anni di lavoro rischiano di vedersi allontanare di due, tre o quattro anni la pensione cui hanno diritto: e parliamo di importi medi pari ad un decimo la retribuzione di un onorevole, o se preferiamo andare sul concreto gettando lì un nome a caso, pari ad un dodicesimo il trattamento pensionistico cumplessivo di Giuliano Amato, che risulta pari a 30 mila euro puliti al mese. In Inghilterra le periferie di Londra, Liverpool, Manchester sono messe a ferro e fuoco dai cosiddetti «hopeless», i giovani senza speranza. Seguono gli indignados spagnoli ed i magrebini delle banlieu francesi. Sarà pur vero che tra loro si sono infiltrati dei violenti spaccatutto. Ma intanto, sempre in Italia, si prospetta una riforma (giusta) del mercato del lavoro che al momento però non contiene la trasformazione della flessibilità dei giovani in precariato permanente. È il lato oscuro della globalizzazione e del declino occidentale, Stati Uniti in testa, che ha trasformato questo mese di agosto in un mezzo incubo nel quale ci siamo portati al mare o ai monti compagni di vacanze imprevisti e indesiderati come gli spread ed i cds. Chi in vacanza c'è andato. Mai come stavolta abbiamo sperimentato la verità della famosa massima del «butterflay effect»: un battito d'ali di una farfalla può provocare un uragano dall'altra parte del mondo. In questa situazione, ieri governo e parti sociali si sono incontrati per esaminare le misure che da qui a settembre - come imposto dalla Bce e dalla Germania - dovranno produrre tagli per circa 30-35 miliardi, in modo da anticipare di un anno il pareggio di bilancio e, auspicabilmente, dotare l'Italia di alcune riforme strutturali. Ovviamente governo, sindacati, imprenditori, nonché i partiti che si muovono sullo sfondo, hanno sfoderato e messo sul tavolo le loro pistole. Ma si tratta di pistole ad acqua. Quelle vere, quelle fumanti, sono in mano ad altri. La Banca centrale europea, che ha già detto che senza i tagli ritirerà il suo sostegno a tempo ai nostri Btp (ieri l'asta dei Bot è andata bene), e la Germania, che quel timer l'ha messo in moto e lo controlla tutti i giorni. Abbiamo già scritto come questa specie di commissariamento sia anche un'opportunità politica per Berlusconi, che è "condannato" a governare; ed un test di maturità, l'ultima chiamata, per la sinistra, che è obbligata a dare prova di responsabilità. Ma uscendo dal recinto del cinismo politico, tutto ciò potrebbe diventare anche qualcosa di più e di meglio: l'occasione per fare riforme vere, anziché cucire la solita pezza a colori. Esempi? A dozzine. Citiamo i tre, secondo noi, più importanti. Le pensioni: finora si è proceduto con i bizantinismi delle quote, delle finestre, delle disparità (e quindi delle ingiustizie) fra uomini e donne, fra pubblico e privato. Questa è l'occasione, offerta dallo stato di necessità, di dotare l'Italia di una riforma vera, chiara e soprattutto definitiva. Chi ha lavorato un'intera vita ha il diritto di sapere una volta per tutte che ne sarà della sua terza età. Negli ultimi tempi sono state introdotte novità anche apprezzabili, come l'adeguamento dell'età pensionistica alle aspettative di vita. Ora però è il momento di chiudere il cerchio, di dire agli italiani quando ed a quali condizioni potranno ritirarsi. Aggiungiamo noi: lasciando a tutti la libertà di restare al lavoro, se lo desiderano. Quarant'anni di fatica, o per dirla come si dice adesso di "sostegno al Pil", di tasse e contributi pagati, a noi sembrano sufficienti. E' del resto la media contributiva della Germania. Se invece si guarda all'età anagrafica, anche lì ci si adegui alle media dell'Europa del Nord, che sta sui 67 anni. E poi capitolo chiuso. Patrimoniale: si dica una volta per tutte se la prima casa è dentro o fuori, se si può continuare a risparmiare, che cosa si intende per "grandi ricchezze" e "grandi patrimoni": il raffronto va fatto con gli onorevoli oppure con le statistiche dell'Istat? Comprare una casa, investire per sé o per i figli non è uno scherzo: richiede coraggio, calcoli, notti insonni, e soprattutto una grande dose di ottimismo e fiducia nel futuro. E nel Paese. C'è bisogno di un prelievo straordinario? Lo si dica, se ne precisino entità e modalità, non lo si mascheri da bollo sui depositi o da reintroduzione surrettizia dell'Ici, com'è avvenuto nell'ultima (e inutile) manovra. Ma prima di ogni cosa si faccia il possibile per evitarlo. Lavoro. È una delle richieste esplicite della Bce. Abbiamo leggi iper-protettive per chi ha il posto fisso, e al contempo un precariato giovanile che si avvia ad essere una condizione sociale ed esistenziale perenne. Il sacrificio di una quota di garanzie è accettabile e doveroso se avviene a favore dei giovani e dei precari. Purché non resti nuovamente nell'ambito dei buoni propositi, a cominciare da quelli della Confindustria. Ma insistiamo. Nulla di tutto ciò potrà essere accettato se non si dà un segnale, formale e sostanziale, sulla politica. E se non si mette dentro qualche speculatore. L'Italia ha sempre saputo, nelle crisi, rimettersi in piedi e trasformare i problemi in opportunità, anche straordinarie. Ma non può essere presa in giro. Diversamente alle prossime elezioni assisteremo a qualche episodio spiacevole ai seggi. Ed il risultato sarà un big bang dei partiti attuali, che finiranno spazzati via. Tutti. I tumulti di Londra, Parigi, Madrid, ma presto anche di qualche piazza americana, non sono così lontani.

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