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Taglio province rischio beffa

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Si accorcia la lista degli enti che potrebbero essere soppressi: alla fine sarebbero solo 29

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.No 37, forse 36. Ma potrebbero anche essere 29. O 25. Dopo poco più di un giorno dal Consiglio dei ministri che ha dato il via libera alla manovra di agosto, è già partita la lotteria. Una lotteria che lascia intravedere la beffa finale e che lascia senza risposta la più semplice della domande: quante saranno le province che verranno abolite? Non si sa. Almeno per ora. Il testo approvato dal governo infatti fissa due criteri generali: o una popolazione superiore ai 300mila abitanti, o una superficie complessiva superiore a 3.000 chilometri quadrati. La soppressione avverrà alla scadenza del mandato amministrativo, ma per sapere bene quali saranno gli enti interessati bisognerà aspettare i dati del censimento generale della popolazione fissato per il prossimo 9 ottobre. Ad ora, quindi, si possono solo fare supposizioni. Secondo il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli il taglio interesserà «tra le 29 e le 35 province» e colpirà anche «le prefetture e gli uffici territoriali di governo». Ma le cose potrebbero non andare così. Facciamo due conti. Prendendo come riferimento i dati Istat del febbraio 2011 le province italiane con meno di 300mila abitanti sono 37. Di queste, però, ben otto hanno una superficie superiore ai 3.000 chilometri quadrati. Si tratta di: Siena, Grosseto, Belluno, Matera, Oristano, Nuoro, Olbia Tempio e Sondrio (provincia natale del ministro dell'Economia Giulio Tremonti ndr). Sulla carta, quindi, sarebbero effettivamente 29 gli enti che finirebbero sotto la scure del governo. Ma qui cominciano i problemi. Partiamo dalla Sardegna. Escluse Oristano, Nuoro e Olbia Tempio, restano altre tre province da tagliare: Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Peccato che lo statuto speciale attribuisca alla Regione potestà legislativa in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, seppure «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». Il governatore Ugo Cappellacci ha da tempo espresso l'intenzione di ridurre il numero della province ma, almeno sulla carta, tutte quelle sarde potrebbero salvarsi dalla scure. Ci sono poi le «rivolte» territoriali. A Crotone, ad esempio, il presidente della provincia Stanislao Zurlo ha fatto sapere che i membri della Giunta e del Consiglio sono pronti a rinunciare alla propria indennità e a tutto ciò che potrebbe diventare spesa dell'ente, ma faranno di tutto per non vedere cancellata «un'istituzione tanto agognata dal nostro territorio». A Benevento, invece, il presidente Aniello Cimitile sottolinea come l'istituzione della provincia fu «uno dei primi atti che Garibaldi, giunto a Napoli, compì nel settembre del 1860». Per questo si appella al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinché «ci aiuti ad impedire lo scempio del tradimento di un patto scritto nelle origini». E se il sindaco di Lodi Lorenzo Guerini (già per due mandati presidente della provincia ndr) propone un coordinamento tra città capoluogo a rischio soppressione, c'è chi pensa di accorpare gli enti. È il caso delle province di Gorizia e Trieste (entrambe da tagliare), ma anche di quelle di Pescara e Chieti che non sono contenute nella lista. Intanto all'interno della maggioranza si moltiplicano le voci di coloro che invocano più coraggio. È il caso del ministro degli Esteri Franco Frattini che da Cortina spiega: «Io le avrei abolite tutte». Replica Calderoli: «Il mio è un avviso ai naviganti dopo che ho letto dei distinguo da parte di alcuni nella Lega, ma anche da parte di alcuni ministri. Se non sono soddisfatti la porta per uscire è lì».

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