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Il dilemma dei politici: tagli o tasse

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in Senato

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Il dilemma «tagli o tasse» contagia i politici nostrani. Chi vuole la patrimoniale, chi preferirebbe alzare l'età pensionabile, chi punta, con colpevole ritardo, a ridurre i costi della politica. La crisi attanaglia i parlamentari. Cercano soluzioni, si arrabattano in mille ipotesi e sperano. Ma lo scenario economico è sempre più incomprensibile. Il deputato del Pd Giuseppe Fioroni apre le danze: «Non possiamo permetterci 20 Regioni. Ne bastano 12 e si potrebbe scendere a 8. Serve una riforma del fisco tagliando le tasse per famiglie e imprese». Inoltre, «i sacrifici vanno chiesti a chi ha di più. Penso - spiega Fioroni - a una patrimoniale per 3 anni sui patrimoni mobiliari, tra i 5 e i 7 milioni». Il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Massimo Corsaro, ha un'idea diversa: «La gente deve lavorare di più perché vive di più. Non è quindi uno scandalo provare a ragionare su un graduale innalzamento dell'età pensionabile per riequilibrare i conti pubblici». Nemmeno a parlarne per il capogruppo dell'Idv al Senato, Felice Belisario: «Le pensioni non si toccano. Non è possibile continuare a far pagare chi ha già dato tutto quello che poteva. Le risorse per risollevare il Paese dalla crisi vanno prelevate altrove, né dalle pensioni né dal lavoro dipendente che anzi deve essere salvaguardato per una questione di equità sociale e di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie». La ricetta? «Il taglio serio ai costi della casta e una politica di vere liberalizzazioni». Netto anche il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: «La crisi mondiale è un banco di prova per tutti. Ma in Italia rappresenta una sfida soprattutto per l'area politica alternativa alla Sinistra. Chi, se non il centrodestra, anche un nuovo centrodestra frutto di un allargamento e di una ricomposizione di quest'area, può fare scelte chiare sulla spesa pubblica, il pareggio di bilancio, le privatizzazioni, la previdenza, la modernizzazione del mercato del lavoro, l'uscita della politica dai servizi pubblici locali?». Il deputato del Pd Cesare Damiano si chiede: «Perché il governo non pensa di tassare le rendite finanziarie al 20% come si fa nel resto dell'Europa? Come colpire la speculazione finanziaria che si arricchisce sull'impoverimento di milioni di famiglie? Noi pensiamo che sia giunto il momento di smetterla di far pagare il costo della crisi esclusivamente ai ceti medio bassi di questo Paese». Il coordinatore delle Commissioni economiche del Pd Francesco Boccia fa una proposta diversa: «In un momento così drammatico per l'Italia e l'Europa, ci aspettiamo passi in avanti concreti e chiari da parte del governo per la promozione di un'unica agenzia europea di rating, come il Pd chiede da due anni. Sarebbe una svolta nei meccanismi di valutazione del merito di credito degli Stati e delle società quotate, a garanzia di una trasparenza che viene sempre più messa in discussione». Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, difende l'esecutivo e se la prende con chi, come Damiano del Pd, ripropone «ancora una volta il problema del cambio del governo che in una situazione di questo tipo indipendentemente dalle diverse valutazioni politiche sarebbe irresponsabilità pura».

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